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Il Po è un fiume dell’Italia settentrionale. La sua lunghezza, 652 km lo rende il più lungo fiume interamente compreso nel territorio italiano[2], quello con il bacino più esteso (circa 71.000 km²) e anche quello con la massima portata alla foce, sia essa minima (assoluta 270 m³/s), media (1.540 m³/s) o massima (13.000 m³/s).

Ha origine in Piemonte, bagna quattro capoluoghi di provincia (nell’ordine Torino, Piacenza, Cremona e Ferrara) e segna per lunghi tratti il confine tra Lombardia ed Emilia-Romagna, nonché tra quest’ultima e il Veneto, prima di sfociare nel mare Adriatico in un vasto delta con 6 rami. Per la maggior parte del suo percorso il Po scorre in territorio pianeggiante, che da esso prende il nome (pianura o valle padana).

In ragione della sua posizione geografica, della sua lunghezza, del suo bacino e degli eventi storici, sociali ed economici che intorno ad esso hanno avuto luogo dall’antichità fino ai giorni nostri, il Po è riconosciuto come il più importante corso fluviale italiano. [fonte Wikipedia]

L’attuale nome deriva dall’antico Padus, attestatoci per la prima volta da Plobio un secolo e mezzo A.C., ed è di radice ignota (certo però, è che sia un nome Veneto o Celtico, originato dal nome dei pini detti “padi” che crescevano lungo le sue rive). Il Po si origina dal fianco Sud Orientale del gruppo del Monviso presso il “Pian del Re” a 2.020 metri di altitudine, e sbocca nel mar Adriatico formando un ampio delta di 14 bocche, che si dividono a loro volta in 5 rami:

  • Po di Levante

  • Po della Maestra

  • Po di Tolle

  • Po della Gnocca

  • Po di Goro

Di questi il Mediano (Po di Tolle) scarica da solo l’87% delle acque del fiume, attraverso le due bocche della Pila e del Bastimento, che assorbono rispettivamente il 53 e il 24 % della portata.  Il bacino del fiume Po, come si diceva, è il bacino idrografico più grande d’Italia.

La sua superficie si estende per oltre 75.000 chilometri quadrati, un quarto dell’intero territorio nazionale, interessando 3.200 comuni, sei regioni: Piemonte, Valle d’Aosta, Lombardia, Veneto, Liguria, Emilia Romagna, e la Provincia Autonoma di Trento:la sua portata media d’acqua, misurata a Ferrara di 1500 metri cubi.

La popolazione che vive nel bacino è di circa 16 milioni di abitanti. Se si considera la densità del territorio, le attività produttive insediate, le infrastrutture e il grado di utilizzazione della risorsa idrica, il bacino del Po rappresenta una realtà eccezionalmente varia, un punto nevralgico dell’economia nazionale.

In quest’area infatti si forma il 40% del prodotto interno lordo; il 37% dell’industria nazionale, che sostiene il 46% dei posti di lavoro; il 55% della zootecnia in sole 5 province; il 35% della produzione agricola. Il consumo di energia elettrica è pari al 48% del consumo nazionale. I valori medi delle precipitazioni si mantengono in tutto il bacino abbastanza elevati, dovunque superiori ai 700 mm annui, giungendo in alcune zone marginali a oltre 2000 mm.

Un corso d’acqua che per la sua importanza è paragonabile ai grandi fiumi europei: il Rodano, il Danubio, il Reno e la Senna. Questo grande fiume presenta, lungo il suo corso, ambienti vari e differenti; l’ultimo tratto ha le caratteristiche tipiche dei corsi d’acqua di pianura, con acque poco profonde, calde, lente, ricche di vegetazione, a fondo fangoso e soggetto ad ampie variazioni ambientali. Le principali specie ittiche indigene che popolano questo ambiente sono rappresentate da: carpa, tinca, cavedano, scardola, alborella, anguilla. triotto, savetta, barbo comune, persico reale.

Il predatore per eccellenza in queste acque era il luccio, ormai sostituito dal siluro, che ha trovato nelle acque del Po un ambiente molto favorevole alla sua crescita ed alla sua riproduzione. Numerose sono le specie ittiche che sono state introdotte nel Po anche in epoca antica: il carassio, un pesce molto resistente sia alle variazioni della temperatura che all’inquinamento, il persico sole, il persico trota ed il pesce gatto, un attivo predatore di fondo con abitudini notturne.

Nel Po è anche possibile ritrovare quei pesci che si stabiliscono stagionalmente negli ambienti salmastri, dove trovano abbondanza di cibo, ma che risalgono il fiume nel corso delle foro migrazioni riproduttive. Tra queste, la cheppia, i cui individui sessualmente maturi transitano in primavera per raggiungere le zone di riproduzione nel medio Po e negli affluenti, e lo storione cobice che, come la cheppia, migra dal mare ai fiume per completare il suo ciclo riproduttivo. Il grosso calo numerico subito da queste due specie rispetto al passato, è dovuto sia agli sbarramenti che sono stati costruiti lungo il corso del fiume, che non ne permettono la risalita e quindi il raggiungimento delle zone di riproduzione, sia al forte degrado ambientale verificatosi nell’ultimo decennio che ha sicuramente contribuito alla riduzione soprattutto della popolazione dello storione, una specie che per le sue caratteristiche morfologiche possiamo definire un vero e proprio fossile vivente.

Il progressivo degrado del Po sta, inoltre, cambiando profondamente il rapporto esistente tra questo e l’uomo che popola le zone circostanti: i pescatori di professione stanno abbandonando il  fiume che non è più in grado di offrire loro un reddito sufficiente ed anche i pescatori sportivi preferiscono i canali di bonifica o, addirittura, i laghetti privati a pagamento dove hanno maggiori possibilità di catturare pesci. Per non parlare, poi, dei turisti o dei bagnanti che un tempo frequentavano numerosi le spiagge del fiume in cerca di refrigerio dal caldo afoso dell’estate e che, oggi, è sempre più raro incontrare.

Questo nostro grande fiume ed il suo stupendo delta rappresentano un patrimonio di inestimabile valore naturalistico, culturale e sociale, un ecosistema da proteggere e conservare. Il “parco”, in fase di realizzazione, è sicuramente un passo avanti per la salvaguardia di questo prezioso ambiente.