Dottor Giuseppe Simone Milillo, Sintesi della Tesi di Laurea per la Facoltà di Economia Ambientale dell'Università degli Studi di Pescara.

Lavoro di tre anni concesso in esclusiva a Yuri Grisendi come ringraziamento.

Tesi di Laurea Siluro Siimone Milillo.pdf

INTRODUZIONE

In un epoca in cui l’ambiente rappresenta, più che in altre, un reale ed insostituibile bene comune, il suo sfruttamento si colloca in modo talmente preponderante da influire, condizionare e determinare, il mosaico sociale a tutti i livelli.

L’ambiente, culla della vita, rappresenta da sempre lo spazio dove l’uomo ha attinto, prima imitando e poi sfruttando, il proprio sostentamento, fino a livelli tali da dover cautelare il bene comune dal proprio egoismo.

La creazione di parchi, oasi naturalistiche nasce in tempi vicini ai nostri giorni, da prima come privilegio di pochi e poi come effettiva necessità di preservazione e divulgazione del patrimonio faunistico e biologico.

E’ proprio su questa realtà e sul Siluro (Silurus Glanis) che si fonda lo studio ed il progetto tecnico - scientifico oggetto del presente lavoro.

E’ viva opinione del relatore che realtà ambientali fin ora trascurate in Italia o semplicemente sotto stimate, possono sull’esempio di altri paesi Europei, trovare applicazione fino a livelli di ottimizzazione superiore a quelli osservati all’estero, dove l’unione "parco – attività ricreativa" possono realizzare una fonte paritetica di preservazione delle specie e guadagno per le popolazioni locali, attraverso una gestione che tenga conto tanto degli aspetti socio – economici quanto di quelli di impatto ambientale, realizzata non sovrapponendo le esigenze umane all’ambiente, bensì armonizzandosi con il ciclo biologico dell’area preservata, e utilizzando le risorse in modo "sostenibile" senza gravare sul futuro del sito.

Essendo questa specie ittica da diversi anni oggetto di dibattiti, che nella maggior parte dei casi non hanno alcun fondamento scientifico, è stato compito del sottoscritto e dei vari collaboratori che hanno partecipato a questo studio, analizzare le varie fasi del ciclo biologico e le possibili strade per una gestione economica "sostenibile" di questa specie, che si è rivelata tra le altre cose un ottimo catalizzatore turistico. Compatibilmente con le evidenti esigenze di gestione, ha creato un vasto mercato, ed ha sposato un pubblico sempre più sensibile alle bellezze naturalistiche, generando sia l’efficace protezione per cui i siti sono stati creati, sia una fonte di reddito per le popolazioni indigene, e non solo!

CAPITOLO I

1.1 La risorsa acqua come fonte di vita.

E’ opinione comune come l’acqua dolce è una risorsa essenziale per la nostra sopravvivenza e per quella delle varie comunità di organismi che popolano i continenti; inoltre i fiumi e i laghi costituiscono ambienti molto spesso di particolare interesse naturalistico e quindi anche di grande richiamo per il turismo. E’ importante ricordare che soprattutto i fiumi hanno condizionato fin dai tempi più remoti, il sorgere di centri abitati, di estensioni agricole, di insediamenti industriali e di commerci via acqua.

Ma la grande corsa per lo sviluppo economico da raggiungere il più celermente possibile e ad ogni costo, ha provocato non pochi danni al Bel Paese.

Le acque il cui stato di salute è il più delicato da proteggere in quanto dipendiamo completamente da questo elemento evidenziò diversi problemi, che risultarono da subito preoccupanti e di non facile risolvibilità; per citarne uno su tutti, il "Rapporto Zanone" è particolarmente eloquente: Gli studi sui fenomeni di inquinamento dei principali fiumi Italiani sono carenti, così come carente è stata l’attività di controllo da parte degli enti territoriali preposti, che dovevano per legge rilevarne la qualità.

Innanzitutto il "Po". La protezione delle sue risorse idriche viene giustamente considerata il problema ambientale più importante del paese in termini di dimensioni geografiche ed economiche, di complessità metodologica e attuativa, e di riflessi su altri ecosistemi ad esso strettamente collegati. Per avere un quadro migliore basta ricordare che il bacino del Po interessa quasi il 25% del territorio nazionale e circa il 30% della popolazione italiana con le massime concentrazioni urbane e industriali.

Ebbene di fronte a una realtà di questo tipo, fino a circa dieci anni orsono, l’unica fonte di informazione sullo stato delle acque del grande fiume è costituita da un’indagine dell’Irsa (Istituto di ricerca sulle acque del CNR) del 1977 nel corso del quale furono esaminate in 26 stazioni di prelievo, dalle sorgenti al delta, le caratteristiche delle acque del Po e di 23 dei suoi principali affluenti.

Il confronto tra le risultanze di quella indagine e i parametri di qualità proposti dalle direttive comunitarie portarono a concludere che le acque del maggiore fiume italiano e dei suoi principali affluenti potevano essere utilizzate a scopo irriguo e per gli usi industriali, ma non furono ritenute idonee per uso potabile e ricreativo, ad aggravare la già delicata situazione del grande fiume, emerse dall’indagine una elevata pericolosità per la vita acquatica.

Le situazioni di malessere sono riconducibili principalmente a due grossi filoni: - inquinamento industriale (sostanze chimiche e metalli pesanti in particolare: il mercurio, il piombo ed il cadmio sembrano essere i più pericolosi.)

che al di sopra di certe concentrazioni rendono difficile la vita acquatica e molto spesso provocano devastanti morie delle specie più deboli andando ad alterare quell’equilibrio ecologico (CLIMAX) formatosi con centinaia di anni; - inquinamento da scarichi urbani (soprattutto tensioattivi provenienti dai detersivi domestici), provocando il fenomeno dell’eutrofizzazione, ossia un eccessivo e innaturale sviluppo in ambienti acquatici di vegetazione in seguito ad arricchimento delle acque di materiali organici, soprattutto fosfati e sostanze azotate; se la disponibilità di questi sali aumenta, anche la biomassa che si forma è maggiore. In questo caso la crescita algale può assumere un andamento esplosivo e dare luogo alla formazione di masse enormi di materiale vivente la cui presenza (e soprattutto la sua successiva decomposizione) innesca tutta una serie di fenomeni degenerativi. Si parla in questo caso di "blooms" algali cioè "fioriture algali". Appare dunque evidente che, a parità di altre condizioni, il fattore più importante risulta la concentrazione dei sali nutritivi presenti in acqua di cui la biomassa iniziale può disporre. L’eutrofizzazione è un fenomeno del quale si sta prendendo coscienza in maniera crescente negli ultimi venti anni in coincidenza di una reimmissione in ecosfera di grossi quantitativi di azoto e fosforo estratti dalle loro riserve geologiche per uso agricolo (fertilizzanti) ed industriale.

Sul fenomeno "eutrofizzazione" sta crescendo la consapevolezza che esso è causa di una serie di effetti diretti ed indiretti sulle comunità biologiche, in funzione delle caratteristiche morfologiche ed idrodinamiche dell’ecosistema acquatico. Diverse sono le definizioni di eutrofizzazione tra le prime coniate è stata quella dell’OCSE (Organizzazione per la cooperazione e lo Sviluppo Economico negli anni ’70).

"L’eutrofizzazione è un arricchimento delle acque di sali nutritivi che provoca cambiamenti tipici quali l’incremento della produzione di alghe e piante acquatiche, l’impoverimento delle risorse ittiche, la generale degradazione della qualità dell’acqua ed altri effetti che ne riducono e precludono l’uso".

Gli effetti dell’inquinamento delle acque dolci sia pure in scala spaziale minore sono talvolta più netti di quelli che si osservano in mare, almeno nella maggior parte dei casi e tali da rendere laghi di piccole dimensioni e tratti del corso di fiumi trasformati in vere e proprie fogne a cielo aperto.

L’inquinamento è una modificazione sfavorevole di un ambiente naturale dovuta completamente o parzialmente all’attività umana, con interventi diretti o indiretti, che alterano le caratteristiche fisico-chimiche dell’acqua, i flussi di energia e la struttura e abbondanza delle associazioni dei viventi. (definizione del Comitato Ecologico Americano)

 

Foto n. 1: Morie di pesci (Fonte: ENEA-CASACCIA di Roma)

In base agli elementi esposti appare chiaro che la serie delle conseguenze negative dell’eutrofizzazione potrà essere risentita a livelli diversi nei vari ambienti. In generale vale la regola che più la acque sono lente o ferme maggiore è il rischio di eutrofizzazione.

Fonti di inquinamento:

Fonti terrestri dirette: acque di rifiuto urbane, domestiche, industriali, acque di pioggia che hanno raccolto sul terreno materiali inquinanti, etc.

Fonti terrestri indiretti: sono rappresentate dai materiali inquinanti trasportati dai fiumi e che hanno subito una certa diluizione.

Fonti atmosferiche: per ricaduta di sostanze radioattive dovute ad attività terrestri (centrali termiche, nucleari)

TIPI DI INQUINAMENTO


L’inquinamento delle acque può essere naturale, domestico, agricolo, industriale (vedi tabella).

 

L’inquinamento naturale è quello che si verifica per fenomeni non dipendenti dall’intervento dell’uomo.

 

L’inquinamento domestico ha origine dai liquami delle fogne urbane.

 

L’inquinamento agricolo dipende dall’uso di prodotti chimici in agricoltura (soprattutto di pesticidi).

Foto n. 2: Collettore di scarico località Mezzana Bigli fiume Po (PV)

I fenomeni di inquinamento che hanno minato e che continuano a farlo le acque e la vita del grande fiume sono innumerevoli, tanto per citarne uno più recente dovuto a una ricerca effettuata da Legambiente "Aironi del Po" di polesine, che ha sottoposto ad analisi alcuni campioni di pesci pescati nel fiume hanno portato ad una scoperta sconcertante: I pesci che popolano le acque del maggiore dei corsi d’acqua italiani sono avvelenati dalla diossina. Sei campioni su sette secondo le ultime analisi contengono valori abnormi di Pcb (policlorobifenili) anche fino a sette volte superiori ai limiti di legge. Siluro, lucioperca, carpa, barbo e storione che vivono nel Po sono tutti fortemente inquinati; con l’unica differenza che il Siluro avendo una soglia di resistenza maggiore rispetto alle altre specie ittiche che popolano il fiume, inizia a risentire dell’inquinamento in un momento successivo rispetto al resto dell’ittiofauna autoctona; questo è un motivo del suo forte incremento rispetto ad altre specie pesantemente colpite e decimate dalle numerose sostanze che quotidianamente riversiamo nel fiume.

Gli effetti dell’inquinamento delle acque sono relativi alle componenti che li determinano e si manifestano, prevalentemente, attraverso la presenza di sostanze tossiche, mancanza di ossigeno e variazioni della temperatura dell’acqua ricevente. Per effetto del metabolismo anaerobio che si verifica per la riduzione dell’ossigeno presente nell’acqua dovuta all’eccessivo inquinamento, le sostanze che normalmente si comportano come "donatori di ossigeno" (nitrati, solfati e fosfati) vengono ridotte dando luogo alla formazione di sostanze nocive e maleodoranti. Questo processo è tossico per microrganismi animali e vegetali delle acque e, in alcuni casi, si estende all’uomo. Da una ricerca del WWF risulta che ad essere fortemente in pericolo, spesso addirittura sull’orlo dell’estinzione sono, per di più una delle categorie meno conosciute, i pesci d’acqua dolce. Minacciati dall’inquinamento, dalla costruzione di sbarramenti e dighe lungo i corsi d’acqua, da metodi di pesca indiscriminati, dal bracconaggio, dai massicci prelievi d’acqua per uso industriale, agricolo o domestico. Ora un importante contributo alla conoscenza della fauna ittica viene dal WWF Italia, che ha realizzato uno studio sullo status e sulla conservazione dei pesci d’acqua dolce italiani, redatto da due tra i maggiori esperti del settore: gli ittiologi Sergio Zerunian e Anna Rita Taddei. Fra le specie che il WWF individua come a rischio di estinzione in Italia ci sono due specie di storione (Acipenser sturio e Acipenser naccarii) due specie di trota (macrostigma e marmorata) la lampreda di fiume, il ghiozzo di ruscello, il carpione del Garda e il carpione di Posta Fibreno. Fra le proposte di intervento proposte dal WWF per la conservazione dell’ittiofauna delle acque interne, oltre alla migliore applicazione e al miglioramento delle normative esistenti, soprattutto per la riduzione dell’inquinamento, la rinaturalizzazione di alcuni tratti dei corsi d’acqua cementificati, la costruzione di speciali passaggi (le cosiddette "scale di risalita") che permettano ai pesci di superare gli sbarramenti artificiali per raggiungere i siti di riproduzione o di accrescimento, una severa disciplina delle attività di ripopolamento dei bacini fluviali, l’istituzione di parchi fluviali o lacustri, reintroduzioni faunistiche mirate per alcune specie.

Ma ogni sforzo sarebbe vano senza una concreta applicazione delle normative esistenti, seppur lacunose. Un esempio? La Direttiva 78/659 Cee sulla Qualità delle acque dolci che richiedono protezione o miglioramento per essere idonee alla vita dei pesci, che mira a proteggere in particolare le specie indigene e stabilisce che le autorità competenti debbano effettuare periodici monitoraggi delle acque. "E’ forse superfluo affermare - si legge nel dossier - che l’Italia è quasi completamente inadempiente nei confronti di questa importante direttiva, che pure è stata recepita

con il D.L. 130/92: basti considerare lo stato di applicazione della normativa nazionale sulla tutela delle acque dall’inquinamento (la cosiddetta "Merli") e la scarsità di programmi di monitoraggio delle acque da parte delle amministrazioni regionali e provinciali".

Discorso analogo per la Direttiva CEE 92/43 ("Conservazione degli habitat naturali") e della Convenzione di Berna sulla "Conservazione della vita selvatica e dell’ambiente naturale in Europa".

Foto n.3: Schiuma sull’acqua località Caresana canale Marcova(VI)

Molte sono le attività antropiche che possono produrre danni alle popolazioni dei pesci delle acque interne, fino a determinarne la scomparsa. Le principali cause che possono provocare direttamente l’estinzione locale sono:*1. Inquinamento prodotto dalle attività industriali. 2. Inquinamento prodotto dalle attività agricole. Uso di prodotti chimici (pesticidi, fitofarmaci, diserbanti); è noto che essi, poco o affatto biodegradabili, giungono negli ambienti acquatici portati dalle piogge. 3. Costruzione di sbarramenti Le dighe e gli sbarramenti di minore entità, impediscono la libera circolazione dei pesci nei bacini idrografici. Ciò risulta negativo per le specie migratrici, particolarmente per quelle alle quali viene impedito l’accesso alle aree di riproduzione. 4. Pesca e bracconaggio. Legislazioni e controlli carenti possono favorire attività di pesca indiscriminate, praticate con metodi e in periodi da poter provocare seri danni alle popolazioni ittiche. A ciò si devono aggiungere attività di vero e proprio bracconaggio, compiute con ogni sorta di mezzi. 5. Captazione idrica. Molte attività dell’uomo richiedono l’uso di grandi quantitativi d’acqua dolce, che vengono prelevati dalle falde o direttamente dai corpi d’acqua. Questi prelievi di acqua possono mandare in secca i corsi d’acqua, in modo particolare nelle regioni a clima mediterraneo. 6. Inquinamento organico. Le sostanze convogliate nelle fognature o direttamente nei fiumi e nei laghi dagli insediamenti urbani e da quelli zootecnici, soprattutto se non depurati o mal depurati, provocano alterazioni dei corpi d’acqua. 7. Canalizzazione. La canalizzazione di un corso d’acqua riduce drasticamente la sua diversità ambientale. Con l’eliminazione delle anse, per esempio, scompare la possibilità di formazione di aree dove l’acqua rallenta la sua velocità e dove si producono differenze nella profondità; molti pesci sono legati a queste zone. 8. Interventi sugli alvei. Molti tipi di interventi sugli alvei di un corso d’acqua producono perdita di diversità ambientale, primo fra tutti la cementificazione. 9. Introduzione di nuove specie. L’introduzione di una specie in un ambiente dove prima non era presente produce come effetto immediato un aumento di biodiversità della comunità ittica,successivamente gli stessi creano uno squilibrio entrando in competizione con le specie autoctone.

Alcuni dati:

 

Prelievi idrici da acque sotterranee:

5,3 miliardi di m³/anno; 1,3 miliardi di m³/anno (potenziale residuo)

Prelievi idrici da acque superficiali:

25,1 miliardi di m³/anno

Carichi inquinanti:

114 milioni di abitanti equivalenti a 15% civile, 52% industria e 33% agrozootecnico

(Autorità di bacino del fiume Po)


Tabella 1

 

CLASSE I

non inquinato

2%

CLASSEII

moderatamente inquinato

28%

CLASSE III

inquinato

25%

CLASSE IV

molto inquinato

45%

Inquinamento delle acque superficiali del fiume Po Classi di appartenenza delle stazioni di misura (su 463 stazioni di prelievo)
(Autorità di bacino del fiume Po)

- Tutela della qualità delle acque

Obiettivi di settore

· Conseguimento di livelli di qualità dei corpi idrici compatibili con la tutela degli ecosistemi e con gli usi;

· tutela delle fonti idropotabili con particolare riferimento alle acque sotterranee;

· conservazione del patrimonio naturalistico connesso alla vita acquatica;

· minimizzazione dell’impatto sull’ecosistema marino con riferimento alla rimozione delle cause alla base dei fenomeni eutrofici e tossici.

Strumenti di attuazione

· Classificazione dei corpi idrici superficiali e sotterranei e definizione dei livelli di qualità;

· assunzione del Deflusso Minimo Vitale per le acque correnti superficiali;

· direttive e vincoli per la protezione della qualità delle acque sotterranee;

· direttive per il controllo delle fonti di inquinamento concentrate e diffuse ed individuazione delle opere necessarie;

· caratterizzazione dei fattori di generazione degli inquinanti;

· criteri di gestione per i servizi di collegamento e depurazione delle acque di scarico;

· criteri e sistemi di monitoraggio e controllo della qualità e dei fattori di generazione

 

I danni provocati dall’inquinamento non sono solo ecologici, igienici ma anche economici (vedi tabella 2).

Tabella 2

DANNI IN GENERALE

AZIONI NOCIVE E DANNOSE

AZIONI TOSSICHE

DEGRADO

SOVRACOSTI

Diffusione di organismi patogeni

Immissione nelle acque di quantità eccessive di sostanze chimiche, anche se non di acuta tossicità

Azioni tossiche indirette per sostanze chimiche che si immettono nella catena alimentare

Degrado dell’ambiente acquatico per: fenomeni putrefattivi; torpidità; alterazione della colorazione; presenza di schiume e pellicole oleose, che diminuiscono l’assorbimento dell’ossigeno; eccessivo sviluppo delle alghe; eccessivo sviluppo di funghi e altri microrganismi

Per: potabilizzazione, uso industriale, uso irriguo, disinquinamento per la tutela delle condizioni ambientali; balneazione; fauna; flora.

Richiamo di insetti, roditori

Immissione di sostanze radioattive

Azioni tossiche dirette sull’uomo, sulla fauna e sulla flora

Danni a piscicoltura; molluschicoltura; agricoltura; turismo; ricreazione e balneazione; navigazione

("Diritto dell’ambiente", 1995)

Tutti danni che se non tempestivamente eliminati o almeno arginati porterebbero ripercussioni negative nell’economia locale e non solo.

Foto n. 4:Vitaliano Daolio, Siluro o inquinamento?

(Condizione di alcune bonifiche e canali del Reggiano dopo gli svasi selvaggi messi in atto dai consorzi di bonifica, senza controllo da parte dell’autorità preposte alla salvaguardia ittica).

La filosofia ispiratrice degli interventi è sempre stata purtroppo quella dei cosiddetti interventi "a valle"", delle azioni a parziale e momentaneo riparo del danno dopo che è stato prodotto. E’ questa logica del rattoppo che ha impedito all’Italia di uscire dalla situazione di degrado ambientale lamentata da oltre venti anni. Ma l’Italia non è solo un paese deturpato in parte del suo "verde, ma è anche un paese a rischio! Già i tipi di inquinamento prima ricordati sono tutti causa di rischi diretti e indiretti sulla salute dell’uomo, degli animali, delle piante. Quindi sulla qualità della vita in genere. La spiegazione sta nella conoscenza della catena alimentare tipica degli ambienti acquatici e nelle capacità di bioaccumulo delle tossine lungo i gradini della piramide ecologica: il fitoplancton rappresenta il primo anello della catena alimentare, l’uomo il consumatore finale; senza considerare che nelle acque dolci, l’uso ricreativo e il crescente uso delle acque superficiali come risorse d’acqua costituisce la più grande fonte di esposizione umana.

Per fortuna la situazione attuale non è rimasta quella di venti anni fa, nel senso che le continue problematiche riguardanti il sistema ambiente hanno iniziato a trovare riscontro nella sensibilità dei cittadini; Non esiste in Italia una legge unica che affronti organicamente il problema della protezione dell’ambiente considerato in passato bene estetico. La nostra stessa Costituzione solo nell’art. 9 afferma, in modo riduttivo, come principio fondamentale per la Repubblica "la tutela del paesaggio, del patrimonio storico ed artistico della Nazione". Solo nel 1976 la legge Merli (319/76) definisce l’ambiente "una risorsa naturale che deve essere tutelata e conservata nell’interesse della collettività".

Nel Maggio del 1999 è stato pubblicato il Decreto Legislativo 152 in merito a "Disposizioni sulla tutela delle acque dell’inquinamento e recepimento della direttiva 91/271/ CEE concernente il trattamento delle acque reflue urbane e della direttiva 91/ 676/ CEE relativa alla protezione delle acque dall’inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole".

La legge ha introdotto l’obbligo di depurare le acque utilizzate per il processo industriale (scarichi di ogni tipo). Da ciò l’obbligo:

delle Regioni di elaborare Piani di risanamento delle acque e garantire la tutela delle falde acquifere;

delle Province nel censire e controllare gli scarichi (anche sotterranei);

dei Comuni, anche attraverso Consorzi, di gestire servizi pubblici di acquedotti e fognature.

Purtroppo spesso si tende ad aggirare l’ostacolo e la legge, al fine di vedere aumentati i propri guadagni anche a scapito del bene comune, l’ambiente. A questo proposito vorrei aprire una parentesi che verrà approfondita successivamente: Capita di frequente cercare un caproespiatorio come nel caso del "Silurus glanis" che seppur ha rappresentato all’inizio della sua introduzione (da parte dell’uomo) un problema per gli equilibri ecologici del grande fiume, oggi, come spesso accade quando la mano dell’uomo non interferisce con la natura, essa da sola riesce a trovare la strada per una nuova situazione di equilibrio. Questo è quanto sta avvenendo nel fiume Po.

Foto n. 5: stato di evidente degrado di un canale che si immette nel fiume Po.

Le varie ricerche effettuate sul campo mi hanno portato a ritenere che la causa prima della scomparsa di specie ittiche autoctone dai nostri fiumi sia da attribuirsi alle cattive condizioni delle acque dovute all’inquinamento industriale e zootecnico, agli sbarramenti, alle canalizzazioni e al bracconaggio e solo in misura minore dalla presenza di specie alloctone;

per questo sarebbe più opportuno concentrare l’attenzione su queste problematiche sicuramente più gravi e che necessitano di un intervento tempestivo.

Purtroppo il frenetico susseguirsi degli eventi ci porta ad avere una visione miope della miriade di danni ambientali legati alle attività umane, che minano quotidianamente il già precario equilibrio del biotopo fluviale.

La riflessione è doverosa: - è più credibile chi sul territorio non ha alcun interesse o chi invece sul territorio sviluppa la sua lucrosa attività?

Motivo che mi ha spinto a non considerare più questo animale come la principale fonte di malattia del fiume Po, (così come alcuni vogliono far credere) ma studiarlo conoscerlo più approfonditamente, valutando il suo lato positivo in quanto si è dimostrato tra le altre cose un ottimo catalizzatore turistico, e ogni anno migliaia di stranieri provenienti da tutta Europa, oltre agli italiani, si riversano sulle rive del nostro maggior fiume, per cercare l’incontro con questo pesce e godere di tutta una serie di attività ricreative di contorno, proposte dagli enti che gestiscono i numerosi parchi che troviamo dislocati lungo tutto il percorso del Grande Fiume. Praticamente dalla sorgente al delta, perché allora, non iniziare a vedere il "Silurus Glanis"come una risorsa così come avviene in altri paesi Europei? Questo argomento necessita di un approfondimento che verrà trattato dettagliatamente nel Capitolo IV.

1.2 Tutela ambientale e delle acque, una necessità dei giorni nostri

La conoscenza dell’ambiente che ci circonda, ha sempre rappresentato uno degli obiettivi primari per l’uomo fin dalle più antiche civiltà. Passo dopo passo, nel tempo, si è raggiunta la consapevolezza, oggi divenuta una necessità, di operare con attività di controllo e monitoraggio sugli ecosistemi al fine di conservare le risorse naturali. La protezione ambientale però, va oltre alla mera conservazione poiché ormai le attività antropiche (socio-economiche e culturali) che agiscono sull’ambiente vengono considerate strettamente collegate ad esso. Infatti il concetto di sviluppo sostenibile consiste proprio nell’utilizzo sostenibile della risorsa, che non la porti ad esaurirsi totalmente, in modo che essa sia sempre disponibile anche per le generazioni future. A tale scopo la tutela della risorsa avviene attraverso il controllo del rispetto delle norme, che non deve essere fine a se stesso ma che deve permettere la comprensione delle cause di degrado di un ambiente attraverso la raccolta di dati, ovvero per mezzo del monitoraggio dell’ambiente periodico e costante, tale da permettere la maggiore comprensione delle dinamiche ambientali e in modo da prevenire il danno irreversibile alla risorsa utilizzabile. A tale scopo, per il monitoraggio ci si avvale di strumenti fruibili in modo semplice, quali gli indicatori e indici che descrivono i vari aspetti antropici e ambientali dei sistemi.

La definizione oggi più adottata di indicatore è quella dell’OECD (Organization for Economic Co-Operation and Development) che definisce l’indicatore come un parametro o un valore derivato da parametri, che indica, fornisce informazioni su di un fenomeno,ambito o area; (OECD, 1993);

sempre l’OECD dà una definizione di indice che è un insieme di parametri o indicatori aggregati o pesati ad altissimo contenuto informativo.

L’indicatore deve essere uno strumento sintetico ma nello stesso tempo efficace, in modo da fornire una descrizione del fenomeno più accurata possibile; esso deve essere in grado di:

descrivere una situazione ambientale utilizzando un numero limitato di parametri e misure rispetto a quello che generalmente viene considerato per la descrizione puntuale del fenomeno.

semplificare la comprensione del fenomeno in modo che il valore informativo scaturito dall’applicazione dell’indicatore possa essere facilmente utilizzato anche dai "non addetti" alle tematiche scientifico-ambientali.

L’EEA, (Agenzia Europea per l’Ambiente, riprendendo un modello proposto dall’OECD, ha definito il modello DPSIR che mette in relazione tra loro diverse classi di indicatori noto come modello Forze Determinanti-Pressioni-Stato-Impatto-Risposte (Driving Forces, Pressures, State, Impacts, Responses).

Le forze determinanti costituite da attività e comportamenti umani derivanti da bisogni individuali, sociali, economici; da processi economici, produttivi e di consumo originano pressioni sull’ambiente che alterano lo stato delle risorse naturali. I cambiamenti di stato dell’ambiente generano impatti sulla salute, sugli ecosistemi, sull’economia. A fronte di tutto ciò la società fornisce delle risposte che agiscono sulle forze determinanti, sullo stato e sugli impatti.

MODELLO DPSIR

(Fonte ANPA)

Le zone fluviali per loro natura tendono a trasformarsi in modo più o meno naturale. Per evitare la perdita di tali ambienti spesso sono opportuni degli interventi gestionali in grado di garantire la sopravvivenza degli ecosistemi sia per la fruizione del grande pubblico, sia per lo sfruttamento razionale delle risorse da parte dei produttori, che per la tutela di particolari ambienti.

Aree compromesse o zone artificiali, possono assumere un loro valore naturalistico grazie ad interventi di ingegneria ambientale che ripristini le condizioni ottimali dell’ambiente, attraverso la regolazione del flusso idrico, la ricostruzione delle rive, la reintroduzione e/o il ripopolamento di specie animali e vegetali.

Questo primo passaggio deve portare ad uno stato di riequilibrio dell’ambiente compromesso, rendendo via via autonoma la vita nella zona umida e riducendo gradualmente l’intervento dell’uomo, se non per piccole azioni; anche per queste motivazioni l’istituzione del Parco è diventata una necessità.

1.3 Parco fluviale, Parco delta del Po

 

Foto n. 6: Scorcio del parco del delta del Po

I parchi fluviali, come si può facilmente intuire dal loro stesso nome, sono caratterizzati dalla presenza del binomio acqua-vegetazione, si tratta di ambienti naturalmente presenti in zone ancora inalterate dall’intervento dell’uomo, in cui possono coesistere allo stesso tempo specie animali e vegetali e che assumono particolare importanza in ambito urbano, dove costituiscono una sorta di polmone verde per le città in cui domina il cemento.

Il territorio di un fiume che attraversa grandi centri urbani è molto lontano dallo stereotipo del "Parco Naturale" che ci rimanda ai grandi boschi, alle bianche cime, ai branchi di animali selvatici. La sua istituzione ad area protetta nasce dalla volontà di migliorare un ambiente afflitto dall’urbanizzazione selvaggia, dalla cementificazione delle sponde, dall’inquinamento idrico, dai dissesti legati alle attività estrattive.

I fiumi sono però anche i luoghi della natura, di paesaggi fluviali emozionanti, corridoi per la migrazione dell’avifauna, culla dell’ittiofauna, dove restano ancora le testimonianze della storia che ha legato l’uomo al fiume. Per garantire che questo patrimonio non venga disperso è nato il Parco del Po.

Il Po, il fiume più lungo d’Italia; 652 chilometri di lunghezza, una portata media, misurata a Ferrara di 1500 metri cubi, ed un bacino idrografico di circa 75.000 chilometri quadrati. Un corso d’acqua che per la sua importanza è paragonabile ai grandi fiumi europei: il Rodano, il Danubio, il Reno, il Guadalquivir. Una delle caratteristiche principali del Po è il suo delta, un paesaggio in continua trasformazione, dalla tipica forma lobata per l’accumulo dei sedimenti che trasporta. Questo grande fiume presenta, lungo il suo corso, ambienti vari e differenti; l’ultimo tratto ha le caratteristiche tipiche dei corsi d’acqua di pianura, con acque poco profonde, calde, (lente, ricche di vegetazione, a fondo fangoso e soggetto ad ampie variazioni ambientali.

Foto n. 7: Parco del delta del Po

Il Parco del Delta del Po dell’Emilia-romagna possiede caratteristiche territoriali ed ecologiche che lo rendono unico nel suo genere. Copre infatti una superficie complessiva di oltre 52.000 ettari di aree considerate tra le più produttive e ricche di biodiversità: il Parco dispone quindi di una carta d’identità di tutto rispetto. Pur essendo una delle Aree Protette più antropizzate ed economicamente sviluppate del Paese, il Parco del Delta del Po dell’Emilia-romagna conserva al proprio interno la maggiore estensione italiana di zone umide tutelate. Per questo, il Parco del Delta del Po dell’Emilia - Romagna ha sostenuto e realizzato l’Associazione internazionale dei parchi deltizi: "Delta chiama Delta".

L’Associazione "Delta chiama Delta" costituitasi il 6 settembre 2002 su iniziativa del Parco Delta del Po dell’Emilia-Romagna, rappresenta il primo network internazionale di zone Ramsar. (La Convenzione sulle zone umide di importanza internazionale è stata firmata a Ramsar, in Iran, il 2 febbraio 1971). Lo statuto, che gode del patrocinio del Ramsar, è stato siglato dal Parco Regionale della Brière (Francia), dal Parco Delta del Po dell’Emilia-Romagna, dall’Ente Parco Regionale Veneto del Delta del Po, dalla Riserva Naturale della Biosfera del Delta del Danubio (Romania) e dal Parco Naturale Delta dell’Ebro (Spagna). L’Associazione è nata per promuovere la salvaguardia e la valorizzazione delle aree costiere e deltizie in un contesto internazionale, mediante progetti di interesse comune ed occasioni di incontro e confronto permanenti.

Il Delta del Po proprio per la sua storia di crocevia culturale ed economico tra Occidente ed Oriente conserva al proprio interno importantissime vestigia del suo splendido passato. Così nel Parco Emiliano-romagnolo coesistono in meraviglioso equilibrio eccellenze naturalistiche e stupende testimonianze d’arte e di cultura riconosciute anche dall’Unesco. Il Parco del Delta del Po entra a far parte della Lista del patrimonio mondiale stilata dall’Unesco. Il Parco è stato inserito nell’elenco durante la sessione dell’apposito Comitato tenutosi a Marrakech il 2 dicembre 1999, in Marocco, nella motivazione lo stesso esalta il pregio di un ecosistema naturale straordinario. Il Parco del Delta del Po è un’Area Protetta di grande complessità per essere allo stesso tempo Parco terrestre, Parco fluviale e Parco costiero. Ma non c’è dubbio che l’elemento naturale che più di altri lo connota è l’acqua, anche se, per raggiungerlo, esistono comode vie di comunicazione.
E’ il rapporto instabile tra acqua e terra, il loro sempre precario equilibrio, che nel Delta del Po ha determinato un paesaggio così mutevole in cui boschi, pinete e foreste allagate si alternano a zone umide interne d’acqua dolce o salate. La biodiversità nel comprensorio deltizio è straordinaria in particolare per la presenza di oltre 280 specie di uccelli.

In un’area protetta, i valori ambientali richiedono una particolare attenzione in funzione della loro vulnerabilità e sensibilità. Per altro verso, un’area protetta si qualifica come un territorio complesso dove agiscono numerose organizzazioni, sia pubbliche che private, che erogano prodotti e servizi con impatti ambientali estremamente differenziati. Un’azione di promozione di maggiore naturalità e qualità ambientale dell’area non può prescindere dalla conoscenza approfondita ed aggiornata di questi aspetti. Per questo motivo il Parco Fluviale del Po ha effettuato un’analisi ambientale del territorio di competenza, tenendo conto anche delle attività presenti nelle aree circostanti. I risultati hanno portato ad evidenziare alcune criticità ambientali, che l’Ente-Parco non può affrontare senza il contributo degli altri soggetti che operano sul territorio.

Il Parco Fluviale del Po e dell’Orba (che ha in gestione il Sistema delle Aree protette della Fascia fluviale del Po – tratto Vercellese / Alessandrino e la Riserva Naturale del Torrente Orba) è il primo Parco piemontese ad aver ottenuto la certificazione ambientale UNI EN ISO 14001.

La certificazione ambientale ISO 14001 è il frutto di un percorso intrapreso anni fa, al fianco dell’ENEA, nell’ambito del progetto "Parchi in Qualità", e che oggi vede il Parco Fluviale del Po e dell’Orba, tra i pochi in Italia ad essere riconosciuto da un organismo ufficiale e accreditato (nel nostro caso l’Istituto Certiquality), come Ente che attua in maniera corretta e completa un Sistema di Gestione Ambientale.

"Il Sistema di Gestione Ambientale è stato predisposto per facilitare e per promuovere uno sviluppo eco-compatibile, non solo nel territorio di competenza del Parco ma anche in un ambito molto più vasto e ad esso contiguo, come l’Area Turistica del Parco Fluviale del Po, che coinvolge attività esterne all’area protetta. Attraverso il miglioramento continuo delle prestazioni ambientali del Parco stesso e il coinvolgimento, in questo processo virtuoso, degli operatori pubblici e privati locali, si punta a ottenere una riduzione progressiva degli impatti ambientali connessi anche alle loro attività e quindi un miglioramento qualitativo dell’ambiente in tutto il territorio coinvolto. Il Parco insomma non si pone come un’entità a sé, staccata dal contesto, ma al contrario come fulcro di qualità ambientale.

L’Italia conta attualmente 772 aree naturali protette, inserite nell’apposito elenco ufficiale, con una superficie di 2.912.000 ettari a terra e 2.821.000 ettari a mare (inclusi circa 2.557.000 ettari del santuario dei cetacei). La superficie terrestre protetta è pari a quasi il 10% di quella territoriale.

Questo elenco comprende:

22 Parchi Nazionali

20 Aree Naturali Marine Protette e Riserve Naturali Marine

146 Riserve Naturali Statali

3 Altre Aree Naturali Protette Nazionali

105 Parchi Naturali Regionali

335 Riserve Naturali Regionali

141 Altre Aree Naturali Protette Regionali

(Dal V Elenco Ufficiale Aree Protette 2003)

 

Parchi Nazionali
  1 Parco Nazionale d’Abruzzo
  2 Parco Nazionale Gran Sasso-Monti della Laga
  3 Parco Nazionale della Majella

Parchi Naturali Regionali
  4 Sirente-Velino

Riserve Naturali Nazionali
  5 Colle di Liccio e Feudo Intramonti
  6 Valle dell’Orfento e Piana Grande
  7 Lago di Pantaniello
  8 Pineta di S. Filomena
  9 Feudo Ugni
10 Quarto Santa Chiara
11 Monte Rotondo
12 Fara S.Martino-Palombaro
13 Lago di Campotosto
14 Lama Bianca
15 Monte Velino

Aree di particolare interesse vegetazionale
36 Lecceta litoranea di Torino di Sangro
37 Bosco di don Venanzio

Oasi del WWF Italia
39 Forca di Penne

 

Riserve Naturali Regionali
16 Bosco di Sant’Antonio
17 Sorgenti del Pescara
18 Zompo Lo Schioppo
19 Lago di Penne
20 Valle dell’Orta
21 Voltigno e Valle d’Angri
22 Lago di Serranella
23 Gole del Salinello
24 Majella Orientale
25 Valle del Foro
26 Grotte di Pietrasecca
27 Castel Cerreto
28 Calanchi d’Atri
38 Abetina di Rosello
40 Gole del Sagittario
41 Monte Genzana Alto Gizio

Parchi Territoriali Attrezzati
29 Sorgenti del Vera
30 Sorgenti sulfuree del Lavino
31 Fiume Fiumetto
32 Vicoli
33 Orto Botanico di Città S. Angelo
34 Annunziata
35 Fiume Vomano

 

Elenco dei Parchi e dei principali siti di interesse naturalistico dell’Abruzzo.

1.3.1 La biodiversità

La diversità della vita sulla terra è costituita dall’insieme degli esseri viventi che popolano il Pianeta. Questa diversità prende il nome di BIODIVERSITA’, dall’inglese BIODIVERSITY, tale termine può essere tradotto "varietà della vita".

La conservazione della biodiversità è un imperativo etico perché rappresenta non solo un bene da difendere e da trasmettere alle generazioni future per il miglioramento della qualità della vita, ma anche un bene in se stesso, che ha il diritto alla propria esistenza.

L’iniziativa presa dall’ONU di organizzare la Conferenza mondiale di Rio de Janeiro del 1992 scaturiva dalla consapevolezza che le risorse biologiche sono indispensabili per lo sviluppo economico e sociale dell’umanità e che la diversità biologica riveste un valore fondamentale per le generazioni presenti e future, mentre nello stesso tempo, le minacce alle specie e agli ecosistemi non sono mai state così serie come oggi. L’estinzione delle specie a causa delle attività umane, continua, infatti, con una velocità allarmante.

Gli obiettivi della Convenzione di Rio (CDB) sono: la conservazione della biodiversità e l’uso sostenibile delle sue componenti.

Nella Convenzione vengono identificati tre livelli di diversità biologica:

• Diversità a livello genetico: si riferisce alla variazione genetica entro le specie e comprende la variabilità genetica sia all’interno di una popolazione sia tra popolazioni della stessa specie;

• Diversità a livello di specie: riguarda le specie che si trovano entro un’area, una regione, un continente o sul pianeta;

• Diversità a livello ecosistemico: si intende la varietà di ecosistemi che comprendono ambienti fisici, raggruppamento di animali, piante, microrganismi e di processi di interazione che si stabiliscono tra loro.

1.3.2 Gli Ambienti Naturali del Parco del delta del Po

Il Biotopo: ambiente vitale omogeneo, delimitabile rispetto al suo intorno, nel quale vive una comunità di vegetali e animali (biocenosi) ad esso adattata.

- I Biotopi presenti nel Parco del delta:
a) Isola della Batteria;
b) Territorio delle ex valli da pesca compreso fra Ca’ Mello e Bonello;
c) Oasi di Ca’ Mello;
d) Biotopo di Bonello;
e) Bosco Nichetti ad Ariano Polesine;
f) Dune fossili di Porto Viro e Rosolina;
g) Dune fossili di San Basilio, Grillara e Piano di Riva ad Ariano Polesine;
h) Golena di Santa Maria in Punta all’incile del Po di Goro (Ariano Polesine).

A) L’Isola della Batteria è una riserva naturale dello Stato dal 1977, un tempo utilizzata come risaia, è stata successivamente abbandonata e attualmente, a causa dell’abbassamento del terreno che ha caratterizzato tutto il territorio del Delta del Po, il mancato uso delle idrovore e la presenza di varchi creatisi nell’arginatura perimetrale, si trova ad essere in diretto contatto con l’ambiente esterno. Nell’isola è presente un nucleo di edifici, abbandonati e in parte allagati. L’isola è coperta da una vasta estensione di canneto, con diversi specchi acquei liberi al suo interno;la profondità dell’acqua è di circa 1-2 m. La fauna dell’isola è interessante per la presenza di abbondante avifauna di passo e stanziale. L’isola è ora instabile per erosione dell’argine di separazione dalla Busa di Tramontana del Po di Pila.

B) Il territorio delle ex valli da pesca compreso fra Ca’ Mello e Bonello, come gran parte del territorio deltizio, ha subito importanti interventi di trasformazione determinati dall’intervento dell’uomo, che si riconducono sostanzialmente alla predisposizione alla piscicoltura degli acquitrini derivati dalle lagune, all’imbrigliamento dei fiumi entro argini sempre più poderosi e alla bonifica di nuovi territori. A rendere però singolare il paesaggio concorre la presenza di alcuni biotopi: la cosiddetta Oasi di Ca’ Mello verso sud-est del territorio, il Bonello e la residua pineta di Cassella ad Ovest e, in posizione nord-sud, il tracciato del paleoalveo del Po di Scoetta attualmente utilizzato come canale di bonifica.

C) La zona umida di Ca’ Mello, assieme al relitto di Valle Bonello, è rimasta una dei pochissimi bacini di origine naturale presente nel comprensorio. Benché in origine non particolarmente adatto alla pesca, se ne conosce il significato quale luogo di sosta e nidificazione per numerose specie di uccelli di ambiente vallivo. Negli ultimi anni la messa in funzione della moderna idrovora di Ca’ Dolfìn ha reso superfluo rimpianto che riforniva d’acqua questo bacino, nonché l’idrovora che lo collegava alla Sacca degli Scardovari. Si tratta di una zona umida coincidente con quella che era un tempo il bacino di foce del Po di Ca’ Mello, attivo sino alla fine del secolo scorso, poi divenuto bacino di acqua salmastra a servizio delle valli da pesca. L’attuale paesaggio e lo stesso ambiente naturale destano oggi, proprio per i recenti interventi di ripristino, particolare attrattiva sul visitatore che si trova a percorrere l’argine della Sacca di Scardovari.

D) La zona umida del Biotopo Bonello, è un residuo palustre della ex valle Bonello, comprendente tratti di acque dolci ed antichi dossi delimitanti le peschiere e ricoperti da vegetazione, s i estende su una superficie di circa 45 Ha. Il rifornimento di acqua dolce deriva dalle acque di scolo delle bonifiche circostanti. Il lato est di questa ex valle confina con la sacca di Scardovari, e questo determina le caratteristiche decisamente salmastre di buona parte delle acque. I manufatti presenti sono caratterizzati prevalentemente dagli argini messi a dimora per la formazione della valle; tutta l’area circostante è messa a coltura. Le pressioni esercitate sono cospicue. La vegetazione del biotopo è una vegetazione igrofìla; l’area è caratterizzata da assenza di vegetazione arborea. L’area rientra nella Zona di rifugio, ripopolamento e riproduzione della selvaggina. L’area è stata segnalata come naturalisticamente notevole dalla Regione del Veneto e dal Consorzio di Bonifica Delta Po – Adige

E) Nel bosco Nichetti ad Ariano Polesine la porzione occupata da acqua stagnante è caratterizzata da una rigogliosa presenza di piante idrofile, mentre le zone circostanti sono caratterizzate da canneto e da una modesta presenza di essenze arboree. La fauna risulta interessante, in particolare l’entomofauna, l’erpetofauna per la presenza di specie tipiche delle aree umide della pianura veneta, e l’avi fauna per la presenza di numerose specie stanziali e di passo.

F) Le Dune fossili di Porto Viro e Rosolina;

G) Dune fossili di San Basilio: sono rilievi che costituiscono il residuo degli antichi cordoni litoranei, presenti dall’epoca pre-romana alla prima metà del XII secolo, sono composte da suoli caratterizzati da tessitura sabbiosa.

H) La Golena di Santa Maria in Punta all’incile del Po di Goro: originatasi dal pluriennale accumulo di limo, argilla e sabbia, nell’ambito dell’ecosistema fluviale del Delta del Po, assume, per le caratteristiche vegetazionali e i caratteri di continuità che la contraddistinguono, una rilevante importanza faunistica per molteplici specie di animali acquatici e, come le altre golene presenti nell’area deltizia, si rivela fondamentale per la sopravvivenza di molte specie legate esclusivamente all’acqua dolce.

La direttiva europea n. 92/43/CEE sulla "Conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche", nota come direttiva "Habitat", ha come obiettivo la salvaguardia della biodiversità attraverso la tutela di specie ed ambienti la cui conservazione è ritenuta interesse comune di tutti i paesi membri dell’Unione Europea.

La direttiva prevede la creazione di un sistema coordinato e coerente di aree destinate alla conservazione della biodiversità denominate Zone Speciali di Conservazione (ZSC). A questa rete ecologica il Consiglio dei Ministri dell’Unione Europea ha dato il nome di Natura 2000. Esse si configurano come Siti di Importanza Comunitaria (SIC), ma sono comunemente note come biotopi. L’elenco completo dei biotopi comprende anche quelli d’importanza regionale, per tale motivo denominati Siti di Importanza Regionale (SIR).

Il Parco Regionale del Delta del Po dell’Emilia-Romagna copre aree considerate tra le più produttive e ricche in biodiversità. Il Parco possiede la più vasta estensione di zone umide protette d’Italia, aree d’eccezionale valore ecologico. E’ un territorio ricco di ambienti naturali che ospitano centinaia di specie floristiche e faunistiche. L’elevato numero di specie presenti è strettamente legato alla diversità degli habitat presenti, che si esprimono con forme ed adattamenti peculiari in relazione alle diverse condizioni chimico-fisiche del suolo e alle condizioni climatiche.

Per quanto riguarda la flora non esiste un censimento esaustivo delle specie vegetali presenti nel Parco regionale del Delta del Po. Tuttavia, sulla base dei dati raccolti negli anni dai diversi Autori per singole zone, è certa la presenza di almeno 970 specie ed è possibile effettuare una stima che fornisce l’ordine di grandezza della diversità specifica presente: il numero stimabile si aggira attorno a circa 1.000 - 1.100 specie presenti; La fauna del Parco del Delta del Po è sicuramente uno degli elementi di maggior pregio dell’area protetta. Sono note complessivamente ben 374 specie di Vertebrati. Gli uccelli del Delta del Po costituiscono un patrimonio di straordinario valore, con oltre 300 specie segnalate negli ultimi decenni, di cui 146 nidificanti e oltre 151 svernanti. Tale ricchezza fa del Parco la più importante area ornitologica italiana ed una delle più rilevanti d’Europa.
Questa straordinaria diversità di specie è dovuta alla grande complessità ambientale del Delta, che per molte di loro rappresenta una vera roccaforte a livello europeo o nazionale, con alcune emergenze che costituiscono vere rarità di livello internazionale.

Le specie ittiche che popolano queste acque sono:

Storione del Po Acipenser naccari Storione comune Acipenser sturio Storione ladano Huso huso Anguilla Anguilla anguilla Cheppia Alosa fallax Alborella Alburnus alburnus Barbo comune Barbus plebejus Lasca Chondorstoma genei Savetta Chondrostoma soetta Pesce rosso Carassius auratus Carassio Carassius carassius Carpa erbivora Ctenopharyngodon idellus Carpa Cyprinus carpio Carpa argentata Hypophthalmichthys molitrix Carpa testa grossa Hypophthalmichthys nobilis Cavedano Leuciscus cephalus Pseudorasbora Pseudorasbora parva Triotto Rutilus erythrophthalmus Pigo Rutilus pigus Rovella Rutilus rubilio Scardola Scardinius erythrophthalmus Tinca Tinca tinca Cobite comune Cobitis taenia Pesce gatto Ictalurus melas Pesce gatto punteggiato Ictalurus punctatus Siluro Silurus glanis Luccio Esox lucius Nono Aphanius fasciatus Gambusia Gambusia holbrooki Acquadella Atherina boyeri Spinarello Gasterosteus aculeatus Pesce ago di rio Syngnathus abaster Pesce ago Syngnathus acus Spigola Dicentrarchus labrax Persico sole Lepomis gibbosus Persico trota Micropterus salmoides Persico reale Perca fluviatilis Lucioperca Stizosteidon lucioperca Orata Sparus auratus Bosega Chelon labrosus Muggine dorato Liza aurata Muggine calamita Liza ramada Cefalo musino Liza saliens Cefalo Mugil cephalus Bavosa pavone Lipophrys pavo Ghiozzo nero Gobius niger Ghiozzetto di laguna Knipowitschia panizzae Ghiozzo padano Padogobius martensii Ghiozzetto cinerino Pomatoschistus canestrini Ghiozzo marmorato Pomatoschistus marmoratus Ghiozzetto minuto Pomatoschistus minutus Go’ Zosterisessor ophiocephalus Passera Platichthys flesus
Il predatore per eccellenza in queste acque era il luccio, ormai soppiantato dal sempre più abbondante siluro, una specie originaria del centroeuropa, che ha trovato nelle acque del Po un ambiente molto favorevole alla sua crescita ed alla sua riproduzione.

Numerose sono le specie ittiche che sono state introdotte nel Po anche in epoca antica: il carassio, un pesce molto resistente sia alle variazioni della temperatura che all’inquinamento, il persico sole, il persico trota ed il pesce gatto, un attivo predatore di fondo con abitudini notturne.

 

 

 

 

Foto n. 8: Storione cobice.

Nel Po è anche possibile ritrovare quei pesci che si stabiliscono stagionalmente negli ambienti salmastri, dove trovano abbondanza di cibo, ma che risalgono il fiume nel corso delle loro migrazioni riproduttive. Tra queste, la cheppia, i cui individui sessualmente maturi transitano in primavera per raggiungere le zone di riproduzione nel medio Po e negli affluenti, e lo storione cobice che come la cheppia, migra dal mare ai fiume per completare il suo ciclo riproduttivo. Il grosso calo numerico subito da queste due specie rispetto al passato, è dovuto sia agli sbarramenti che sono stati costruiti lungo il corso del fiume, che non ne permettono la risalita e quindi il raggiungimento delle zone di riproduzione, sia al forte degrado ambientale verificatosi nell’ultimo decennio che ha sicuramente contribuito alla riduzione soprattutto della popolazione dello storione, al bracconaggio crescente, data la bontà delle sue carni e la prelibatezza delle sue uova (il caviale) una specie che per le sue caratteristiche morfologiche possiamo definire un vero e proprio fossile vivente.

Il progressivo degrado del Po sta, inoltre, cambiando profondamente il rapporto esistente tra questo e l’uomo che popola le zone circostanti. Per non parlare, poi, dei turisti o dei bagnanti che un tempo frequentavano numerosi le spiagge del fiume in cerca di refrigerio dal caldo afoso dell’estate e che, oggi, è sempre più raro incontrare.
Questo nostro grande fiume ed il suo stupendo delta rappresentano un patrimonio di inestimabile valore naturalistico, culturale e sociale, un ecosistema da proteggere e conservare. Il "Parco", è sicuramente un passo in avanti per la salvaguardia di questo prezioso ambiente.

 

1.4 Attività Economiche annesse al sistema fluviale e parco

1.4.1 L’agricoltura

Le grandi bonifiche intraprese in tempi storici, ma attuate, in particolare, tra la fine del XIX secolo e gli anni ‘70, hanno consentito la messa a coltura di decine di migliaia di ettari precedentemente palustri.
Le grandi estensioni di pascoli umidi e valli utilizzate per la pesca sono state così sostituite, negli ultimi due secoli, da aree agricole drenate grazie all’azione delle pompe idrovore. Soltanto poche migliaia di ettari nel Ravennate sono stati prosciugati per colmata, convogliandovi le acque di piena dei fiumi appenninici, ricche di sedimenti, e favorendo il naturale processo di interrimento delle zone umide. L’agricoltura è, oggi, la principale attività produttiva condotta nelle aree circostanti le zone umide e ne condiziona fortemente lo stato di conservazione, influenzando negativamente la qualità (eutrofizzazione da fertilizzanti e reflui zootecnici; inquinamento da pesticidi) e la quantità (utilizzo a scopo irrigo) delle acque. L’agricoltura influisce direttamente sulla conservazione degli habitat ripariali o palustri solamente nei casi in cui è praticata all’interno delle golene fluviali o nei terreni marginali delle zone umide. Le aree agricole sono fondamentalmente caratterizzate dalla cosiddetta "larga", costituita da vasti appezzamenti a seminativo su terreni di recente bonifica a bassa giacitura; il substrato può essere, indifferentemente, a prevalenza sabbiosa o argillosa. Le colture dominanti sono grano, mais, sorgo, barbabietole, erba medica, girasole, soia, mentre verso l’entroterra, ove i terreni sono più torbosi, è diffusa anche la coltura del riso. Sono presenti anche: aree con colture orticole specializzate, in particolare nei terreni sabbiosi, con presenza di strutture quali serre e reti di irrigazione; pioppeti, solitamente all’interno delle golene fluviali; piccoli appezzamenti a vigneto e frutteto, distribuiti nel tessuto agricolo dominato dalla "larga" a seminativo e concentrati in linee ad andamento nord-sud, parallele alla linea di costa e corrispondenti agli antichi cordoni dunosi.

Altre colture arboree si ritrovano nelle vicinanze dei principali corsi d’acqua, con terreni più elevati e con suolo prevalentemente argilloso, quindi di bonifica più antica. Molti terreni a bassa giacitura e con affioramento invernale della falda, limitrofi alle zone umide, vengono tuttora mantenuti a coltura, pur risultando improduttivi, anche se recentemente alcune aree agricole scarsamente produttive sono state riallagate o rimboschite avvalendosi dell’incentivo offerto attraverso le politiche comunitarie per il ritiro dei seminativi. Negli ultimi anni sono state avviate, anche in attuazione delle politiche comunitarie e grazie all’impegno del Parco, attività di riconversione dell’agricoltura verso forme più sostenibili e verso produzioni biologiche. In questo senso sono stati attivati accordi agroambientali così come le attività informative e divulgative hanno portato alla realizzazione di un circuito didattico.

1.4.2 La Pesca

Le attività umane legate all’acquacoltura e alla pesca professionale nelle zone umide del Parco sono ammesse e favorite perchè hanno una grande importanza economica e occupazionale e sono, in alcuni casi attività a forte valenza storica e tradizionale. Nel comprensorio deltizio sono inserite diverse tipologie di acque: si dicono Valli i bacini interni di acque dolci, salmastre o salate, la cui comunicazione con acque esterne (fiume o mare) è artificialmente emessa attraverso chiuse e/o idrovore. In questo senso ne sono tipicissimi esempi le Valli di Comacchio, le Casse di espansione di Campotto e Valle Mandriole. Le lagune sono i bacini di acque dolci, salmastre o salate, la cui comunicazione con il mare è data da un’ampia apertura che permetta il flusso e riflusso delle maree, come ad esempio la Sacca di Goro. Vi sono poi le Valli interne in libera comunicazione con il mare: sono quei bacini che risentono dell’influsso delle maree attraverso i canali (Valle Fattibello, le Piallasse della Baiona e del Piombone). La pesca dunque, intesa come ogni azione tesa alla cattura di specie ittiche, si differenzia per tipologia: la pesca professionale, e con essa la raccolta di molluschi, e la pesca sportiva. La pesca sportiva è un’attività normalmente concessa all’interno delle aree di parco e pre-parco, ad esclusione delle zone A e di particolari ambiti individuati dal Piano Territoriale e specificati dal Regolamento, nei quali le condizioni ambientali, la presenza di specie di particolare importanza conservazionistica o lo svolgimento di fasi delicate del ciclo biologico dei Pesci, inducano ad istituire divieti di pesca temporanei o permanenti. In ogni ambito, comunque, l’attività alieutica deve essere attentamente regolamentata da parte dell’Ente di Gestione, allo scopo di garantire la conservazione della fauna ittica presente nell’Area Protetta, con particolare riferimento alle specie di importanza conservazionistica.Nel Parco del Delta esiste anche l’acquacoltura che si connota diversamente dalla pesca normalmente intesa (che è una pratica di semplice raccolta di una risorsa naturale). La vallicoltura è quell’allevamento ittico tradizionale ed estensivo praticato da secoli nelle Valli del Delta del Po, in cui la cattura del pesce avviene sfruttando i movimenti migratori di massa all’uscita dei bacini interni. La raccolta del pesce viene effettuata, con una tipica struttura detta "lavoriero", in aree limitrofe ai bacini di allevamento.

Con l’evoluzione del cosiddetto progresso, sono cambiate le funzioni sociali di certe attività che si praticavano e si praticano sul fiume. L’esempio più significativo è la pesca che da prioritaria risorsa economica è diventata un hobby, magari il più praticato ma pur sempre un hobby. La pesca non deve più essere identificata col solito stereotipo del pescatore che trascorre le sue giornate sulle rive di un fiume con la canna in mano, ma come un importante veicolo di lavoro; si pensi alle ditte che producono i vari attrezzi necessari per praticarla, ai negozi che vendono questi attrezzi, alle agenzie che organizzano viaggi di pesca, ai numerosi agriturismi situati sulle sponde che ospitano pescatori, alle riviste specializzate del settore; inoltre è nata una nuova forma di turismo "il pescaturismo" che verrà trattato dettagliatamente nell’ultimo capitolo.

1.4.3 Il turismo

Dopo la dichiarazione della Commissione Brundtland (1987) sulla necessità di perseguire la sostenibilità ambientale nelle attività umane, è stata avviata a livello internazionale e nazionale una profonda riflessione su come razionalizzare l’utilizzo delle risorse naturali del pianeta. Nell’arco di pochi anni sono stati redatti quindi alcuni documenti-guida, che contengono una serie di indicazioni su come evitare impatti ambientali negativi nel corso della pianificazione e realizzazione delle attività economiche (V Programma Quadro dell’Unione Europea; Agenda 21 sottoscritta nel corso del Summit sull’ambiente di Rio de Janeiro - 1992 e ratificata dal governo italiano con delibera CIPE del dicembre 1993). All’interno di questi documenti, vi sono ampi riferimenti al turismo, la più grande industria del pianeta.
Dopo il Summit di Rio la riflessione sul tema "turismo, ambiente e sviluppo sostenibile", è continuata a livello internazionale nell’ambito di diversi meeting e conferenze, da queste è emerso in sintesi:

 la necessità di limitare gli impatti negativi sull’ambiente e sulle culture locali;

 la necessità di coinvolgere le comunità locali nella programmazione e nella realizzazione delle attività turistiche;

 la necessità di far ricadere la maggior parte dei benefici economici derivanti dalle attività a livello locale;

 la necessità di integrare il turismo nelle altre realtà economie, cercando una sostenibilità ambientale complessiva.

Il turismo è un fenomeno complesso, le cui conseguenze in termini di impatto ambientale, culturale, sociale ed economico non possono più essere ignorate. Il turismo con le sue implicazioni merita perciò un’attenta riflessione da parte di tutti, cittadini ed istituzioni, industria e utenti. Fondamentale diventa così l’educazione del potenziale turista per la nascita di una nuova domanda di turismo, portatore di principi universali quali, la sostenibilità e il rispetto dell’ambiente.

In Italia ormai da alcuni anni si parla molto di turismo sostenibile ed ecoturismo in relazione alle aree protette. Su questa attività economica sembra si siano concentrate le uniche speranze di mantenere quelle promesse di sviluppo e valorizzazione delle risorse locali che spesso hanno accompagnato l’istituzione dei nuovi parchi.

1.4.3.1 Principi generali per un Turismo Sostenibile

Si intende per turismo sostenibile ogni forma di attività turistica che rispetta e preserva a lungo termine le risorse naturali, culturali e sociali e che contribuisce in modo positivo ed equo allo sviluppo economico e al benessere degli individui che vivono e lavorano in questi spazi utilizzando consapevolmente le risorse in modo tale da non compromettere la possibilità per le generazioni future di utilizzare a loro volta le medesime risorse. (Associazione Italiana Turismo Responsabile 2002).. La natura sostenibile del turismo implica la sua integrazione nell’ambiente naturale, culturale ed umano. Il turismo dovrebbe provvedere ad un’evoluzione accettabile per quanto riguarda l’influenza delle attività sulle risorse naturali, la biodiversità e la capacità di assimilazione di tutti gli impatti e i residui prodotti.

- Turismo Sostenibile e Patrimonio Ambientale

La conservazione della natura e della diversità biologica costituisce un prerequisito per un turismo ecologico; le attività turistiche devono assicurare che sia sempre rispettata l’integrità degli ecosistemi e degli habitat dove esse si svolgono. Queste attività (comprese la programmazione turistica, la costruzione di infrastrutture e la gestione di servizi turistici), che potrebbero avere un significativo impatto sull’ambiente e sulla diversità biologica, dovrebbero essere soggette ad una specifica valutazione di impatto ambientale. Il turismo nelle aree protette dovrebbe essere gestito in accordo con gli obiettivi previsti definiti nell’istituzione delle aree protette stesse. Nel caso di aree altamente vulnerabili, come riserve naturali ed altre aree protette che richiedano una stretta protezione. Inoltre gli sport e le altre attività ricreative che vengono svolte all’aperto (compresa la pesca), soprattutto in aree sensibili dal punto di vista ambientale, dovrebbero essere gestite nel rispetto dell’ambiente e della conservazione della diversità biologica e in conformità all’etica di conservazione delle specie sia autoctone che alloctone.

- Turismo sostenibile e Aree protette

Il turismo oggi non viene più accusato di essere una minaccia per la natura, esso, anzi viene considerato un fondamentale fattore di sviluppo e un possibile strumento per rivitalizzare e dare importanza alle aree protette. In considerazione delle sue potenzialità e al tempo stesso dei rischi insiti in forme di turismo indiscriminato, è iniziato, a livello internazionale, un lavoro di riflessione diretto a fissare delle linee guida alle politiche di turismo sostenibile. Questa elaborazione ha avuto un’importante conclusione, con l’adozione di alcuni principi generali, nella Conferenza Mondiale del turismo sostenibile, svoltasi nel 1995 a Lanzarote nelle Isole Canarie, su iniziativa dell’Organizzazione Mondiale del Turismo. In attuazione di tali principi, su iniziativa di EUROPARC, è stata elaborata La Carta Europea del Turismo Sostenibile. Si tratta di un modello di gestione di tutte le risorse in modo tale che i bisogni sociali, economici ed estetici siano soddisfatti, mantenendo l’integrità culturale, i processi ecologici essenziali e la biodiversità. In particolare la gestione del turismo sostenibile deve riguardare tutte le forme e tutte le destinazioni turistiche, sia quelle di turismo di massa che le cosiddette di turismo di nicchia. È l’equilibrio fra la dimensione ambientale, economica e socio-culturale che permette la sostenibilità nel lungo periodo.

L’ecoturismo è una componente del turismo sostenibile, ovvero secondo la definizione del WTO (World Tourism Organization) "un’attività economica che permette l’incontro delle esigenze del turista con quelle delle regioni ospiti e che protegge ed accresce le opportunità per il futuro". Il turismo sostenibile richiede il controllo della gestione di tutti i tipi di risorse, in modo tale che possano essere contemperate esigenze economiche, sociali ed estetiche, nel rispetto delle popolazioni e delle loro culture, dei processi ecologici essenziali, delle diversità biologiche. In quest’ambito più ampio, l’ecoturismo è "il viaggio responsabile nelle aree naturali, che permette la conservazione dell’ambiente ed il benessere delle popolazioni locali" (Società Internazionale di Ecoturismo 1991).

L’Organizzazione Mondiale del Turismo ha individuato tre condizioni irrinunciabili del turismo sostenibile che dovremmo tenere tutti ben in mente: le risorse ambientali devono essere protette; le comunità locali devono beneficiare del turismo sia in termini di reddito sia in termini di qualità della vita; i visitatori devono vivere un’esperienza di qualità!

- Turismo naturalistico

Per turismo naturalistico si intendono "Tutte le tipologie di turismo basate sulla natura per il quale la motivazione principale dei turisti è l’osservazione e l’apprezzamento della natura e delle culture tradizionali".

- Ecoturismo

"L’ecoturismo è un turismo in aree naturali che deve contribuire alla protezione della natura e al benessere delle popolazioni locali, (WTO,2002) è organizzato da piccole imprese locali o da operatori stranieri che organizzano e offrono circuiti ecoturistici per piccoli gruppi.

Minimizza gli impatti negativi sul paesaggio naturale e sull’ambiente socio-culturale. Sostiene la protezione delle zone naturali: generando benefici economici per la comunità locale, le organizzazioni e le autorità che gestiscono le zone naturali con l’obiettivo di proteggerle, costituendo una fonte di impiego e di reddito alternativo per le comunità locali, sensibilizzando allo stesso tempo le popolazioni locali ed i turisti alla protezione della natura e della cultura".

Parlare di ecoturismo non significa esaminare soltanto la tematica ambientale, ma abbracciare tutti i principi del turismo sostenibile, ovvero la valorizzazione sociale, culturale ed economica del territorio e della comunità in esso residente, mediante una promozione di una gestione locale dei servizi turistici; tuttavia con ecoturismo si può intendere l’attività turistica di visita, generalmente con guida, in luoghi naturalistici dove si può osservare fauna, flora, oppure luoghi di rilevante bellezza e importanza, talvolta anche scientifica.

A livello di valutazione ambientale del turismo sostenibile, sono tuttora disponibili due procedure comunitarie:

1) VIA, valutazione d’impatto ambientale;

2) VAS, valutazione ambientale strategica.

Tuttavia è con il Programma Agenda 21 che il concetto di sviluppo sostenibile viene formalizzato e considerato nella completezza. Agenda 21 - Programma per il XXI secolo è un programma di azioni adottato da 182 paesi che hanno aderito alla Conferenza delle Nazioni Unite sull’ambiente "Earth Summit" del 1992. Agenda 21 è suddiviso in una serie di temi, 40 capitoli e 115 aree programma, ognuna delle quali rappresenta una delle dimensioni essenziali della strategia complessiva per incrementare le pratiche di sviluppo sostenibile. Lo

sviluppo sostenibile applicato al turismo si basa sulla Dichiarazione di Rio su Ambiente e Sviluppo che ha previsto una serie di principi, tra i quali quello che il turismo deve accompagnare lo sviluppo della popolazione e la vita produttiva in armonia con la natura, contribuendo a conservare, proteggere e rinvigorire l’ambiente; fino a comprendere un consumo responsabile, la cooperazione fra le nazioni, in un contesto dove le decisioni e la pianificazione avvengano attraverso la consultazione delle popolazioni locali. (WTO – " Agenda 21 for the Travel & Tourism Industry").

Possiamo considerare una nuova forma di turismo, la cui competitività è basata su fattori no price quali la qualità dell’ambiente, dei servizi e la ricchezza della biodiversità, che può consentire anche a territori privi di particolari risorse economiche di innescare processi di sviluppo turistico a livello locale.

1.4.3.2 Ipotesi metodologica

Obiettivi

La finalità della ricerca consiste nella costruzione di un metodo per la definizione di un Piano per un Turismo Sostenibile orientato all’ottimizzazione delle condizioni di fruizione delle risorse costituenti l’offerta turistica di un territorio nel rispetto della preservazione delle sue caratteristiche naturali, culturali, sociali, ambientali.

Tale finalità può essere articolata nei seguenti obiettivi strategici cui faranno seguito altrettante fasi operative:

- identificare il sistema territoriale individuandone gli elementi chiave, gli attori principali e le relazioni che tra essi intercorrono;

- definire un metodo per gestire, coordinare ed integrare l’offerta territoriale in relazione alle differenti richieste generate da una crescente varietà di turismi;

- individuare le componenti territoriali sulle quali è necessario intervenire tramite il piano per un turismo sostenibile;

- definire dei parametri in grado di indicare l’efficienza e l’efficacia degli interventi proposti dal piano.

Fasi:

Il piano si articolerà in quattro fasi: analisi del sistema, diagnosi, proposta e monitoraggio.

I fase: Analisi del sistema

In tale fase è necessario raccogliere i dati relativi al territorio scelto come base per l’applicazione operativa, in questo caso l’area protetta.

II fase: Diagnosi

Tale fase si articola in due filoni principali: una prima parte deve essere rivolta alla valutazione delle potenzialità del territorio da cui sarà poi possibile estrapolare gli elementi che sono in grado di costituire un valido e competitivo sistema di offerta turistica in ambito locale. La seconda parte invece, tenendo conto delle risorse presenti attuali o da sviluppare, deve studiare i tipi di domanda turistica che il territorio può generare in relazione sia al periodo di permanenza che alla provenienza dei flussi turistici.

III fase: Proposta

Nella terza fase viene delineata la proposta di piano, che supportata dallo strumento decisionale della matrice SWOT (punti di forza, punti di debolezza, opportunità, rischi) è articolata in:

- finalità principale

- obiettivi strategici

- obiettivi specifici

- macroazioni ed azioni.

IV fase: Monitoraggio

Segue poi un’ultima fase in cui si costruiscono degli indicatori per il controllo delle azioni proposte:

- indicatori di realizzazione, riguardanti l’attualizzazione fisica e materiale degli interventi.

- indicatori di risultato, che misurano gli effetti immediatamente prodotti dalla realizzazione degli interventi e direttamente verificabili presso i beneficiari degli interventi.

- indicatori di valore attuale ed atteso, che permettono in caso di divario eccessivo dei risultati la revisione del singolo intervento o la rimodulazione di una cospicua parte del progetto.

Risultati attesi

Si ritiene che questo progetto di ricerca sia in grado di definire un modello procedurale che possa essere applicato in contesti territoriali differenti compreso le aree protette a seconda delle necessità e delle caratteristiche dell’area in esame.

- Il metodo della Carta Europea del turismo sostenibile

Applicare la Carta Europea del Turismo Sostenibile implica la scelta di un metodo i cui concetti chiave si sintetizzano nei seguenti:

modello organizzativo

partecipazione

conoscenza

strategia

1. Il modello organizzativo

La Carta, dall’avvio del processo alla sua implementazione, presuppone una riorganizzazione delle procedure e modalità di gestione interna all’ente Parco volte a:

- sistematizzare le conoscenze;

- ridefinire la struttura organica per scopi e risultati;

- attivare nuove competenze in tema di turismo e relazioni con il territorio;

- promuovere la collegialità tra gli organici;

- affidare lo svolgimento del processo ad un supporto tecnico esterno.

2. La partecipazione

La partecipazione è uno dei principi cardine della Carta. Si tratta di un processo graduale ed incrementale che, dalla condivisione di informazione, passa alla collaborazione fino alla decisione congiunta tra i diversi attori del territorio. La qualità della partecipazione dipende:

- dalla conoscenza del sistema delle relazioni sociali

- dalla capacità di individuare gli interlocutori giusti

- dalla capacità di analisi e ascolto delle esigenze e problematiche locali

- dalla capacità di interloquire con gli attori (dare/ricevere).

3. La conoscenza

Il sistema del sapere accumulato dal Parco è la base conoscitiva di partenza per la sperimentazione della Carta. A tal fine è importante che il Parco:

- elabori una ricognizione del patrimonio esistente

- sistematizzi tale patrimonio in funzione degli obiettivi della Carta

- lo aggiorni ed integri con altri studi e ricerche

- interpreti i dati alla luce degli obietti di sviluppo turistico sostenibile.

4. La Strategia

L’applicazione della Carta segue le indicazioni che in base al processo partecipativo e di ricognizione del sapere sono tracciate in documento di indirizzo strategico della durata di 5 anni, declinato poi in un programma di azioni, che stabilisce in modo puntuale gli interventi da realizzare in funzione della strategia. La strategia deve servire ad identificare i temi principali e gli obiettivi dello sviluppo turistico sostenibile.

Il turismo nei parchi alcuni dati.

Il turismo che si orienta ad itinerari naturalistici in cui sia presente il contatto con la natura, l’approfondimento di temi ecologici ed il soggiorno in agriturismo o campeggio; rientrano in una branca recente del turismo che ha un trend positivo, con un incremento del tasso annuo stimato pari al 3.4% (wwf Italia 2002); incremento che è destinato a crescere in maniera proporzionale alla valorizzazione del sistema fluviale soprattutto in quelle aree dove con piccoli spostamenti si può accedere a queste oasi di verde e godere delle numerose attrattive che il Parco propone.

Lo sviluppo turistico sostenibile soddisfa i bisogni dei turisti e delle regioni ospitanti e allo stesso tempo protegge e migliora le opportunità per il futuro. Questo processo dovrebbe portare alla gestione integrata delle risorse, in modo che tutte le necessità, economiche, sociali ed estetiche possano essere soddisfatte mantenendo al tempo stesso l’integrità culturale, i processi ecologici essenziali, la diversità biologica e le condizioni di base per la vita.

1.4.3.3 I cinque principi per un Turismo responsabile

Il settore turistico deve rendersi conto degli impatti che provoca sia sulla natura che sulle persone e deve essere in grado di gestirli; si definiscono quindi cinque principi, una sorta di guida ai problemi da affrontare per perseguire una maggiore responsabilità nel turismo:

Il turismo dovrebbe essere una componente di un più ampio piano di sviluppo sostenibile e di sostegno alla conservazione;

Il turismo dovrebbe utilizzare le risorse naturali in modo sostenibile;

Il turismo dovrebbe eliminare il consumo insostenibile delle risorse e minimizzare l’inquinamento e lo spreco;

Il turismo dovrebbe rispettare le culture locali, fornire benefici e opportunità alle comunità locali;

Il turismo dovrebbe essere informativo e educativo.

Un turismo consapevole, rispettoso della natura, alla ricerca di quiete e relax. Ma anche un territorio dove la bellezza, la grande ricchezza di biodiversità e la facilità di accesso costituiscono i principali elementi di attrazione.

E’ questo il preciso identikit che è emerso da uno studio dedicato allo sviluppo turistico del Parco del delta del Po.

Alcuni dati:

La motivazione principale 27% espressa dagli ecoturisti è la scoperta di altre culture. Con questo dato il turista italiano dimostra di essere attento in primo luogo agli aspetti legati al fattore socio culturale.

La scoperta della fauna, flora e culture indigene in un contesto naturale incontaminato è stata scelta dal 20,7% dei turisti come prima ragione e dal 4,1% come seconda.(WTO, 2002).

Relativamente alla seconda motivazione vediamo che la maggiore scelta è ricaduta nel "vedere nuovi paesaggi", scelta dal 18,5% come seconda motivazione e dal 6,8% come prima.(WTO, 2002).

Tra coloro che hanno scelto come prima o seconda motivazione "vedere nuovi paesaggi", "scoperta della fauna, flora e culture indigene in un contesto territoriale incontaminato" e "avventura e divertimento in contesti naturali incontaminati", il 41,7% ha dichiarato che uno dei requisiti principali della destinazione è: "opportunità organizzate di trascorrere del tempo a contatto con la natura e con la popolazione locale".

Di seguito troviamo che il 37,8% ha indicato come requisito della destinazione il "buon livello di escursioni con guide locali" e la "presenza di itinerari segnalati con un buon livello di informazioni" (37,8%).(WTO, 2002)

Il richiamo è comunque rivolto ad un viaggio autentico e ricco di contenuto sia a livello di contatti umani che con la natura. Questo conferma ancora una volta che l’ecoturista cerca un viaggio "di scoperta".

 La natura è importante per l’82% dei turisti; tra questi il 15% la considera fondamentale.(WTO, 2002)

La voglia di stare a contatto con la natura viene espressa anche nella scelta delle attività. Le escursioni all’aria aperta, infatti, sono state scelte dal 53,1% dei turisti, seguite dalla scoperta del patrimonio naturale/culturale, scelto dal 48.9%.(WTO, 2002)

 L’ecoturista italiano è giovane, con un’età compresa tra i 25 ed i 34 anni (55%), lavora nel terziario, ha un buon livello di istruzione (48% diploma, 45% laurea) e preferisce organizzare in maniera indipendente le proprie vacanze (62%).(WTO, 2002)

E’ stata poi esaminata la presenza turistica nel parco, alla luce anche della crescita in tutta Italia del cosiddetto "turismo verde". Sono state quindi analizzate tutte le variabili che influiscono sulla scelta attuale e potenziale del parco come meta turistica, dalle caratteristiche climatiche a quelle relative all’informazione dell’utenza e alle strutture del parco stesso. Infine sono stati somministrati una serie di questionari ai turisti per capire chi fossero, quali fossero le loro aspettative e le loro opinioni, sul parco e sulla sua ricettività. E’ emerso un quadro inedito e interessante del turista del week–end che vede il parco come oasi ecologica che va rispettata, tutelata e goduta non in quanto attrazione, ma in quanto riserva naturale. Il 58,6% degli interpellati chiede all’Istituzione Parco di proteggere l’ambiente naturale e i fiumi a tutti i costi. Il 60% sente l’esigenza di sentieri naturalistici attrezzati, ma le uniche strutture che vengono richieste sono quelle per una migliore fruizione dell’ambiente come aree attrezzate per l’osservazione della natura, aree verdi per i bambini e servizi di guide turistiche. Il problema maggiore individuato è l’inquinamento delle acque del fiume (48,9%).(WTO,2002)
Le principali attività che il parco propone riguardano le escursioni guidate, le passeggiate a cavallo o in bici, gite in canoa sul fiume o mini crociere, bird-watching e pesca sportiva non ultima come importanza.

 

 

 

 

 

Foto n.9 escursioni sul fiume Po

Tutte attività strettamente legate al sistema ambiente e rispettose dello stesso, motivo per cui andrebbero incentivate soprattutto in un epoca dove gli spazi verdi a disposizione sono sempre meno!

Negli ultimi anni, però, altri tipi di svago sono prepotentemente saliti alla ribalta: ci riferiamo in particolare al canottaggio. Infatti, mentre fino a pochi anni fa le imbarcazioni che scendevano il fiume si potevano contare sulle dita di una mano, ora, specialmente nei mesi caldi, le sue acque sono giornalmente solcate da una miriade di canoe, kayak e canotti, con punte massime, ovviamente, nei giorni festivi e prefestivi.

 

 

 

 

 

Foto n.10: famiglie in canoa sulle acque del Po.

Bisogna riconoscere che allo sviluppo di questo sport hanno contribuito in modo determinante le associazioni ambientaliste, come gli "AMICI DEL PO" di Cardè e di Villafranca, organizzando gare più o meno competitive e feste di vario tipo, oppure conducendo direttamente sul fiume numerose scolaresche in passeggiate o discese in canoa a sfondo didattico, preziosa opera di sensibilizzazione per le nuove generazioni affinché possano imparare già in giovane età ad accostarsi all’ambiente fluviale col rispetto dovuto e la cultura più appropriata. Tutte queste manifestazioni erano impensabili fino a pochi anni fa, quando chi si batteva contro il degrado ambientale veniva deriso, cosa peraltro, molto diffusa ancora oggi, specialmente in certe zone ed in certi ambienti.

Ma le lussureggianti rive ed i grandi sabbioni di questo affascinante angolo di mondo che è l’habitat fluviale, non offrono solo sport o hobby più o meno interessanti da praticare, bensì anche svariati modi di evasione, che fanno parte delle abitudini e della cultura delle nostre genti. Infatti, specialmente nelle calde giornate estive, molte famiglie oppure comitive di amici, amano fare il classico pic-nic all’ombra della rigogliosa vegetazione spondale.

Possono essere identificati altri due tipi di escursioni sulle rive del fiume: quelle a cavallo e quelle in bicicletta o in mountain - bike. Per facilitarle e favorirle, si sta studiando di ripristinare vecchi sentieri, anche se c’è da vincere l’ostinata resistenza di certe corporazioni che non riescono a comprendere che i tempi stanno, forse, cambiando e che anche loro potrebbero trarre vantaggi da nuove soluzioni.

 

 

 

 

Foto n.11: area utilizzata per il birdwatching

Per ciò che concerne il bird-watching (osservazione dell’avifauna) troviamo dislocati numerosi casotti mimetici soprattutto nella zona deltizia e aree che consentono l’osservazione di numerose specie di volatili senza che gli stessi vengano disturbati.

Il fiume, e ancora di più il Parco, rappresentano un panorama naturalistico unico che seppur in un contesto di urbanizzazione e industrializzazione offre numerosi ecosistemi e oasi verdi di relax, scenari geomorfologici di grande suggestione e spesso inaspettati. Poiché ormai la scelta di una destinazione turistica dipende da molti fattori (tempo, disponibilità economica, età, facilità di accesso al sito, ecc.) ed è legata a molti interessi interconnessi (arte, enogastronomia, natura, ecc.) appare evidente che, in particolare le aree del delta del Po possono candidarsi a diventare importanti mete di un turismo in cui il Parco può offrire un valore aggiunto.

Le strutture ricettive che troviamo nel Parco sono prevalentemente campeggi e agriturismi a cui è legata in quest’ultimo caso anche l’attività eno-gastronomica.

1.4.3.4 Turismo Eno-gastronomico

S’intende una forma di turismo che pone l’accento su usi è tradizioni della cucina locale e valorizza altre attività come la produzione del vino e dell’olio.

Il patrimonio Eno-gastronomico dell’Italia non ha eguali nel mondo per qualità e ricchezza di proposte: 500 qualità diverse di formaggio e oltre 2.000 di vino fanno si che l’enogastronomia sia oggi uno dei pilastri portanti della nostra offerta turistica. Tale valutazione viene ulteriormente amplificata dal fatto che su 215 strade del vino in Europa, 98 si trovano in Italia. (Associazione delle Regioni vinicole europee).

L’enogastronomia (accoppiata vino-prodotti tipici), privilegia la qualità alimentare (Osservatorio Internazionale sul Turismo Enogastronomico 2004, Franco Angeli editore).

è oggi ancora di più un fatto culturale, sempre più intriso di conoscenza e visita di un territorio.

 

 

 

 

 

 

 

Foto n. 12 Assaporare ricette tipiche a bordo di una motonave sulle acque del Po.

I motivi che spingono il turista di queste aree a scegliere una vacanza in un’azienda agrituristica possono essere:

Il bisogno di una vacanza rilassante

La necessità di passare qualche giorno a contatto con la natura

La possibilità di gustare l’eno-gastronomia locale

La possibilità di svolgere alcune attività sportive a contatto con la natura

L’economicità della vacanza.

- Forme di accrescimento delle popolazioni di Siluri

Le popolazioni di siluri presentano tipologie caratteristiche di accrescimento, che prendono il nome da due forme grafiche:

La curva di accrescimento a forma di " J "

La curva di accrescimento a forma di " S " o curva sigmoide.

Nella prima, curva a forma di " J ", la densità delle popolazioni di siluri inizialmente aumenta rapidamente in maniera esponenziale grazie alle condizioni ottimali di accrescimento per poi arrestarsi di colpo quando interviene una resistenza ambientale o altro fattore limitante.

ESEMPIO: Si esauriscono le risorse di cibo o diminuisce lo spazio a disposizione.

Nella seconda, curva a forma di " S ", la popolazione di siluri aumenta lentamente nella fase iniziale a causa di condizioni non proprio favorevoli all’accrescimento, successivamente cresce più rapidamente ma poi torna subito ad aumentare in maniera limitata a causa dell’aumento della resistenza ambientale; in questo caso dovuto alla crescente densità. (Basi di ecologia Ed. Piccin 1988).

Foto n. 17: L’autore e il suo compagno d’immersione su di un pennello del fiume Po, prima di entrare in acqua,in uno dei tanti momenti di studio del Siluro nel proprio habitat.

Pennello: Massicciata in pietra creata artificialmente per deviare il flusso della corrente al fine di evitare l’erosione della sponda.

 

*(spesso i siluri si trovano in queste zone perchè i pennelli creano delle buche profonde dove gli stessi amano riposare durante le ore diurne).

Foto n. 18: L’autore durante la fase di risalita da un’immersione effettuata in uno dei tanti momenti di osservazione del comportamento del Siluro sotto la superficie dell’acqua.

2.5 Specie autoctona e alloctona

L’attività antropica ha sensibilmente modificato, sia sotto l’aspetto qualitativo che quantitativo, l’originaria fauna ittica delle acque dolci italiane; si tratta di un processo di trasformazione che ebbe origine in tempi lontanissimi, e che ha avuto dimensioni ed importanza via via crescenti nel corso degli ultimi 150 anni. Le cause vanno ricercate in varie e complesse situazioni, più o meno strettamente correlate, come l’aumento e la concentrazione della popolazione umana, lo sviluppo dell’industria e dell’agricoltura, la modificazione degli ambienti (cementificazione degli alvei, costruzione di manufatti vari, smodato prelievo idrico), l’irrazionale sfruttamento delle risorse naturali (Gandolfi et al.,1991). Anche l’attività alieutica, esercitata nelle nostre acque interne sin dalle epoche più remote, ha sensibilmente influenzato l’ittiofauna, talvolta a seguito di prelievo diretto, molto più frequentemente per le introduzioni di nuove specie, ritenute più idonee alle esigenze alimentari e di più largo mercato, e più genericamente per una politica gestionale scriteriata, che solo di rado veniva effettuata sulla base di conoscenze scientifiche.

Parlando della composizione ittica di un sistema acquatico spesso si sente parlare di alloctonia e autoctonia, iniziamo con il dire che per specie alloctona o esotica si intende una specie non caratteristica della fauna del luogo ma che in seguito a introduzione accidentale o volontaria può inserirsi nel nuovo ecosistema interagendo con le specie presenti e modificando gli equilibri preesistenti, per specie autoctona o nostrana si intende una specie originaria del luogo.

Le problematiche relative all’introduzione di una specie alloctona riguardano la PREDAZIONE - Può avvenire sia sulle ovature che sugli individui giovani ed adulti di specie autoctone.

COMPETIZIONE - E’ di tipo territoriale ed alimentare, alla quale concorrono anche alcuni Ciprinidi d’introduzione.

IBRIDAZIONE – Incrocio fra pesci aventi caratteri ereditari diversi e che portano alla scomparsa del ceppo originario autoctono.(molto usata dagli allevatori per ottenere specie sempre più competitive sul mercato).

MODIFICAZIONI AMBIENTALI - Alcuni Ciprinidi fitofagi d’importazione, come le cosiddette carpe erbivore o amur,dei generi Ctenopharyngodon ed Hypophthalmichthys possono determinare drastici ridimensionamenti della flora acquatica (macrofite ed alghe)

INTRODUZIONE DI PARASSITI ED ALTRI AGENTI PATOGENI - Spesso il materiale impiegato nei ripopolamenti non viene sottoposto ai doverosi controlli sanitari, che oltretutto non sono in genere di facile realizzazione, e per tale motivo non sempre risultano di grande efficacia.

Ma quand’è che una specie può definirsi veramente autoctona?

Ci sono specie che seppur non originarie delle nostre acque (la carpa ad esempio) importate per scopi alimentari all’epoca dei romani si sono insediate nei nostri ecosistemi e attualmente considerate autoctone!

In uno studio effettuato nel ‘92 nella regione Piemonte su 54 specie di pesci presenti ben 24 risultano estranee alla fauna locale, di cui i 2/3 ampiamente diffuse ed 1/3 isolate; le specie alloctone presenti nelle acque del bacino del Po sono:Trota Iridea, Salmerino di fonte, Abramide,Rodeo, Siluro, Pesce gatto, Pesce gatto americano, Pesce gatto africano, Persico trota, Persico sole, Acerina, Luccioperca, Carpa erbivora, Carpa argentata, Carassio, Tilapia, Rutilo, Gambusia, Barbo danubiano e Gambero americano.

Questa cifra già di per sé elevata deve essere aggiornata includendo anche il Ciprinide asiatico Pseudorasbora parva, di recente segnalazione (Balma & Delmastro, 1995) e sicuramente altri pesci appartenenti agli ordini degli Acipenseriformi, Cipriniformi, Siluriformi e Perciformi dei quali si hanno solo notizie ufficiose che potranno essere verificate nel futuro più prossimo. In definitiva la percentuale delle specie esotiche rispetto al totale può essere stimata intorno al 50%. Questo succede non solo a causa dell’introduzione di specie esotiche ma perché l’ambiente è un sistema delicato e mutevole nel tempo, cambiando le condizioni come qualità delle acque, temperatura, cementificazioni etc.anche la composizione dell’ittiofauna muta, molte volte a scapito delle popolazioni autoctone piuttosto che di quelle alloctone perché le nuove condizioni che si vengono a creare non sono più idonee alla proliferazione e sviluppo delle specie indigene, mentre le stesse condizioni possono risultare per alcune specie esotiche ideali per acclimatarsi e riprodursi. (Esempio: Il luccio è un predatore autoctono, il siluro è un predatore alloctono, molte volte si pensa che la scomparsa del luccio da alcuni corsi d’acqua sotto investigazione sia esclusivamente dovuta all’introduzione del siluro nel medesimo habitat. La risposta è più complessa; se è vero che l’introduzione di un altro predatore nel medesimo ambiente crea delle alterazioni al biotopo in esame in quanto quest’ultimo occupando la medesima nicchia ecologica entra in competizione alimentare, come si spiega la scomparsa dello stesso luccio da corsi d’acqua dove il siluro non è presente? Il cambiamento delle condizioni delle acque a causa di elevati tassi di alcune sostanze chimiche disciolte nell’acqua possono provocare la moria di maggior parte della popolazione di lucci fino ad arrivare all’estinzione di quella specie nel sistema fluviale esaminato, mentre la popolazione di siluri che presenta una maggiore tolleranza alle stesse sostanze non viene intaccata; ecco perché in alcuni tratti di fiume le specie alloctone come il siluro ad esempio, arrivano a rappresentare fino al 50 % della biomassa ittica, mentre il corso d’acqua che non ospitava siluri si ritrova senza predatori; quindi la differenza dov’è? In entrambi i casi il luccio muore, da un lato si estingue una specie autoctona dall’altro sopravvive grazie alla maggiore resistenza e adattabilità una specie alloctona (teoria della sopravvivenza, in natura vince il più forte, il più resistente, quello che meglio si adatta), le responsabilità andrebbero quindi attribuite all’uomo, ed è inutile pensare di porre riparo con una legge che impone lo sterminio del siluro (specie alloctona) l’attuale normativa regionale della regione Emilia-romagna ne vieta quindi la reimmissione in acqua, una volta catturati; addirittura un’altra normativa istituita per la provincia di Rovigo prevede una taglia pari a 26 centesimi di euro per ogni kg di pesce siluro catturato è ucciso, pur mancando veri e propri centri per la raccolta, lo stoccaggio e lo smaltimento degli stessi, situazione che crea non pochi problemi a livello igienico sanitario.(tutto ciò avviene solo in Italia mentre negli altri Paesi Europei il Siluro è considerato una vera e propria risorsa è quindi meritevole di tutela).

Attualmente nel fiume Po si sta provando in via del tutto sperimentale ad effettuare semine di storioni (specie autoctona) che hanno subito una riduzione negli ultimi anni,(causa la presenza del siluro come molti vogliono far credere al fine di occultare problemi ben più gravi) ma anche questo intervento potrebbe risultare un fallimento questo perché finchè le condizioni delle acque non migliorano le nuove immissioni di specie autoctone presenteranno sempre gli stessi problemi di adattabilità e sopravvivenza; mentre le medesime condizioni possono risultare accettabili per la proliferazione di un’altra specie che essendo più resistente meglio si adatta, come è accaduto per il siluro!

Sarebbe quindi necessario e auspicabile che la maggior parte delle energie si concentrassero sul risanamento delle acque e rivalutazione del sistema fluviale, solo così tutte le specie, con l’ausilio della natura stessa, possono trovare un nuovo equilibrio e convivere in armonia, così come avviene in altri paesi.

Un esempio di come l’introduzione di una specie alloctona può avere conseguenze positive se ben gestita: Nell’Ottocento venne importata in Francia per rinsaldare le scarpate ferroviarie una specie forestale esotica: la robinia (Robinia pseudoacacia). Questa pianta originaria del nord-america ben presto colonizzò intere regioni europee ed arrivò anche nei boschi del Ticino. Frugale e aggressiva, entrò ben presto in competizione con le specie locali e in molti casi le soppiantò, favorita anche dalla rapida crescita e dall’utilizzo come legna da ardere da parte dell’uomo. Oggi la troviamo in quasi tutti i popolamenti forestali del parco, dalle brughiere e pinete del nord, ai boschi di fondovalle del sud. Il suo spirito di adattamento ai nostri luoghi la porta oramai ad essere considerata quasi alla stregua di una specie autoctona, in questo favorita da un alto aspetto selvicolturale.

Perché alla luce delle accertate potenzialità economiche non potrebbe accadere lo stesso con il silurus glanis?

 

CAPITOLO III

3.3 Il Silurus Glanis, esperienze internazionali e aspetto economico

- La Francia:

Il fattore principale dell’interesse dei Francesi per il Siluro è senza dubbio di tipo economico, infatti in Francia, oltre ad essere ambito oggetto della pesca amatoriale, esso viene anche allevato per le sue carni.
Questo interesse, da un punto di vista pratico, si è tradotto in una particolare attenzione alla specie che ha dato luogo a studi e ricerche, come ad esempio sulla velocità di colonizzazione dei bacini fluviali e sul tasso di crescita. A questo scopo sono state istituite vere e proprie stazioni di controllo. In Francia si nota un numero crescente di produttori di Siluro. Sono censiti trenta piscicoltori con un volume di produzione notevole, ma esistono anche piccoli produttori che vogliono sviluppare la propria attività. Esistono addirittura strutture regionali – ADARC, ADAPRA, ARPAC – che partecipano attivamente all’attuazione dei programmi di sviluppo di questa filiera; mentre l’Association Française Silure Glane pianifica le iniziative individuali e garantisce lo sviluppo di questa "nuova specie" stabilendo degli obiettivi precisi. D’altra parte la qualità della sua carne ne fa una specie particolarmente interessante dal punto di vista alimentare e questo ha stimolato i produttori francesi delle principali filiere acquicole ad avviarne una produzione più consistente. Se i pescatori professionisti catturano i Siluri direttamente nei fiumi, quando essi salgono verso le acque di superficie, la produzione principale è frutto della piscicoltura che si avvale di metodi diversi: I segnali che rivelano la crescita progressiva e costante dell’attenzione che il Siluro sta riscuotendo in Francia sono numerosi e di tipo diverso:

la presenza di un buon numero di ristoranti che lo hanno incluso nel proprio menù.

i molti (oltre 160 ricette conosciute!) piatti che lo vedono ingrediente principale;

gli articoli di stampa che ne trattano gli aspetti più diversi;

i convegni, i seminari e le tavole rotonde di cui è oggetto.

- Francia e Spagna: Il Siluro, catalizzatore turistico!
Da diversi anni il Siluro in queste nazioni è visto come una forte attrattiva turistica da parte di quei pesca-sportivi che ogni anno si riversano numerosi sulle rive dei principali sistemi fluviali e bacini, alla ricerca si della cattura di questo pesce ma anche di una vacanza relax a stretto contatto con la natura.
Per questo motivo sono nati numerosi fishing-camp, organizzati che propongono una serie di infrastrutture e attrezzature atte a questo scopo, con tutta una serie di comfort non solo per il pesca-sportivo ma anche per i suoi accompagnatori (es: familiari) che possono godere delle bellezze naturalistiche che queste zone fortunatamente ancora conservano. Il rientro economico è accertato dal fatto che ogni anno questi camp si vedono moltiplicare in numero e diventano sempre più accoglienti.
Numerose sono anche le agenzie di viaggi che propongono pacchetti anche per gruppi di pescatori; le infrastrutture utilizzate per il pernottamento sono prevalentemente agriturismi, bungalow, house-boat, ma anche piccoli hotel per i più esigenti, ai primi è legata anche l’attività eno-gastronomica, (vedi Capitolo I, turismo eno-gastronomico)
Foto n. 19: agriturismo lungo il fiume

 

Foto n. 20: boungalow sul fiume

Foto n. 21: house-boat sul fiume Po

le attrezzature (canne da pesca,barche, esche, guide specializzate) messe a disposizione consentono di avere in loco tutto ciò di cui si necessita per tentare la cattura del più grosso pesce d’acqua dolce presente in queste aree.
il siluro in questi Paesi è visto come una grande opportunità per usare la pesca sportiva (e solo quella) come strumento di sviluppo economico attraverso l’indotto creato dal turismo della pesca stessa e ciò che comporta l’offrire servizi (posti letto, barche, attrezzature) ad appassionati di ogni parte del mondo in cambio della possibilità di pescare siluri.
Venti anni fa Mequinenza era un desolato borgo spagnolo con un livello di reddito da terzo mondo, oggi, grazie ai Fishing-camp che si sono sviluppati lungo le sponde dell’Ebro (fiume spagnolo) possiede una florida economia basata sul turismo della pesca che attira migliaia di appassionati (anche dall’Italia) ha permesso di creare migliaia di opportunità di lavoro, alberghi, ristoranti, altri fishing camp e negozi specializzati.
Si badi che le nostre acque non avrebbero nulla da invidiare a quelle spagnole se solo si effettuasse il giusto salto di qualità. In Francia la situazione è analoga ed anche nella Loira, nella Senna, la creazione di fishing-camp, nei quali il siluro è diventato una risorsa da preservare, è una prassi consolidata. La prima zona dedicata ai Fishing-Camp era il PO verso la metà degli anni ‘90, quando, in modo quasi coatto, operavano una dozzina di fishing-camp prevalentemente gestiti da austriaci e tedeschi.
L’Italia era la Mecca di quel tursimo che ora si è spostato in Spagna facendoci perdere un’importante fonte di reddito della presenza di una concorrenza straniera così accanita nelle "nostre" acque, non vi è mai stato sentore né traccia poiché all’estero avevano perfettamente capito cosa significa avere il siluro e quali benefici se ne potevano trarre in termini economici. Che dire invece dell’Inghilterra, assai avanti a noi quanto a gestione della pesca sportiva e delle acque e che ricorre all’immissione del glanis nei loro laghi?
3.4 Conclusioni III Capitolo
A ragione di quanto escusso nel precedente paragrafo è auspicabile che anche in Italia soprattutto nel sistema del fiume Po si torni ad utilizzare questa innegabile risorsa in maniera regolamentata, inoltre i fishing-camp organizzati si sono dimostrati un perfetto sistema di gestione ambientale e di controllo delle acque. Nessuno più di chi basa la sua vita sulla qualità della pesca in un fiume e la sopravvivenza delle specie che contiene, potrà essere più sensibile verso la sua tutela!
 

CAPITOLO IV

4.1 Aspetto economico

Originario dell’Europa centrale ed orientale, dalle regioni del Danubio fino al lago Aral, il Siluro è stato poi introdotto in Olanda, Belgio, Francia, Inghilterra e da ultimo anche in Italia.

Nei Paesi d’origine ha una notevole importanza commerciale ed è allevato per la carne, consumata sia fresca che affumicata; Nel bacino del Mar Nero e del Mar Caspio il siluro viene attivamente pescato e commercializzato anche salato ed essiccato. Lo stesso viene comunemente allevato in modo estensivo in policolture insieme con le carpe. In Germania e Francia viene allevato in maniera intensiva in impianti che riciclano l’acqua e che permettono di mantenere una temperatura costante o in stagni a terra. La taglia commerciale è di circa 2 kg di peso che viene raggiunto nell’arco di 12 mesi. Il metodo d’allevamento più utilizzato è quello della riproduzione artificiale in speciali vasche di schiusa.

Dalla vescica natatoria del siluro si ricavava una colla di pesce inferiore soltanto a quella dello storione. Dalle uova del siluro viene anche ricavato il caviale, spesso venduto come caviale di storione.

In Italia la specie ha attualmente scarso interesse commerciale, compare raramente su alcuni mercati dell’Italia settentrionale. Recentemente il siluro si sta conquistando spazio nella cucina di diversi ristoranti del delta del Po e dell’Emilia Romagna. Le carni sono abbastanza grasse, quasi prive di spine, simili a quelle dell’anguilla e del pesce gatto.

Nel periodo inverno 2001/primavera 2002, Natura Consulting ha svolto un’indagine tesa a determinare l’interesse e la propensione al consumo delle carni di Siluro da parte di una particolare categoria di consumatori costituita dagli immigrati di provenienza bengalese e cinese, presenti in gran numero in Italia e nel resto d’Europa. A questo scopo sono stati intervistati sia testimoni privilegiati che consumatori abituali di questo tipo di pesce:

dettaglianti di pesce presenti sui mercati di Roma (italiani e bengalesi);

grossisti di pesce presenti sui mercati di Roma (solo italiani);

consumatori bengalesi e cinesi (famiglie e ristoratori) residenti a Roma, Viterbo e Napoli.

Dai risultati è emersa la seguente situazione:

esiste una forte propensione da parte degli immigrati bengalesi al consumo delle carni di Siluro, purché sia possibile l’acquisto di pesce vivo;

esiste una propensione da parte degli immigrati cinesi (soprattutto ristoratori), al consumo delle carni di Siluro, purché sia possibile l’acquisto di pesce vivo (l’interesse è rivolto solamente alla testa che è considerata un piatto particolarmente prelibato della cucina cinese;

sulla piazza di Roma l’offerta di Siluri vivi risulta limitata (3 punti vendita presso il mercato di piazza Vittorio e zone adiacenti e 2 punti vendita a Tor Pignattara) ed è addirittura assente sulle piazze di Napoli e Viterbo, dove risulta invece notevole la presenza di immigrati di origine cinese e bengalese;

a ragione della domanda particolarmente sostenuta, il prezzo di vendita al dettaglio risulta essere di 4,00 euro/Kg per il prodotto vivo. Mentre il prezzo all’ingrosso risulta essere attorno a 1,60 euro/Kg di pesce vivo;

tale quotazione risulta essere allineata con i prezzi presenti negli altri paesi europei, dove il consumo risulta legato non solo alla domanda degli immigrati di origine asiatica, ma anche, seppure in misura più limitata anche ai francesi e ai tedeschi.

NOTA: Lo scarso interesse per scopo alimentare delle specie che popolano le acque del fiume Po, Siluro compreso è soprattutto dovuto al fatto che le stesse acque sono risultate spesso avvelenate da diossina, e i controlli effettuati sui tessuti dei pesci presenti in quei tratti presentavano valori abnormi di Pcb (Policlorobifenili) anche sette volte superiori ai limiti di legge (vedi capitolo I).

Il Siluro a tavola anche in Italia:

La taglia ideale del Siluro per uso alimentare è tra 1 e 2 chili, quando la sua carne è delicata, di color bianco madreperlaceo, dal leggero aroma di nocciola, senza spine ne squame, facile da cucinare. perfetto dunque per una cucina moderna, facilmente digeribile, leggera e dietetica.
La resa in carne è tra le più competitive ed è uno dei pochi pesci che possono essere sfruttati in qualsiasi modo: intero, a filetti, a trance e che ben sopportano qualsiasi tipo di cottura: al vapore, brasato, fritto, marinato e alla griglia. Evidentemente, tutte le storie vere o false, le dimensioni gigantesche, l’aspetto decisamente fuori dal comune e, certo, tutto il gran parlare che se ne è fatto hanno guadagnato al Siluro un posto nell’immaginario umano. In passato, il Siluro ha senza dubbio costituito un’importante risorsa alimentare nei paesi dell’est europeo, dove la sua carne è ancor oggi considerata una prelibatezza e, come abbiamo visto, sta incominciando ad essere apprezzato anche nel mondo occidentale. Inoltre, grazie al suo incredibile tasso di crescita ed alla sua resistenza alle malattie, la specie è ideale per l’allevamento su vasta scala.

4.2 Aspetti socio-economici, lo stato di fatto del commercio e del turismo.

Il Dr. Rossi dell’Università degli studi di Ferrara, sostiene che l’allevamento di specie di pesci alloctoni per l’alimentazione rappresenta un’attività di grande rilievo per l’economia del nostro paese che, seppur sottoposta a rigidi controlli, deve essere valorizzata e incentivata, (come esempio emblematico cita la Trota Iridea, il Branzino, le Vongole il cui allevamento è ampiamente diffuso). Secondo lui parlare ora di introduzione di nuove specie per l’allevamento è molto diverso rispetto a com’era 8/10 anni fa: allora si poteva importare di tutto senza preoccuparsi delle conseguenze. Oggi esiste, a suo dire, la possibilità di introdurre nuove specie ittiche con l’assoluta garanzia di sicurezza. Il Dr. Bianchi, del settore acquisti della Coop Italia, si è limitato ad informare che il consumo di pesce fresco, nei supermercati ed ipermercati, è in forte aumento e che qualsiasi nuova specie di buon pesce fresco rappresenta un’opportunità per aumentare le vendite.

Tutto questo gioca comunque a favore di un indiscutibile presa di coscienza da parte del pubblico verso questo pesce, aiutando così tutta una serie di attività commerciali che gravitano intorno al siluro. Questa presa di coscienza va probabilmente ad influenzare in maniera preponderante tutte le attività di piscicoltura che gravitano attorno a questo pesce. Queste nuove risorse per i pescatori professionali, possono rappresentare un supplemento economico non trascurabile. La pesca professionale del siluro nel nostro paese avviene esclusivamente ad opera di stranieri soprattutto Ungheresi che si sono dimostrati più lungimiranti degli Italiani nei confronti della risorsa "siluro". Paradosso che la risorsa cui attingono si trovi nelle nostre acque; questi cittadini extracomunitari, organizzati ed attrezzati, svolgono l’attività di pesca con sistemi vietati, (reti, storditori elettrici, palamiti, etc.) finalizzata alla cattura di grandi quantità di pesce (non solo siluri, ma anche carpe, storioni, etc.) destinati alla vendita per consumo alimentare.
Questa attività oltre a danneggiare i siti ambientali,è svolta contro ogni norma in materia sanitaria per ciò che concerne la pulitura, lo stoccaggio ed il trasporto del pescato, destinato a ristoranti, spacciandolo come proveniente da allevamenti dell’Est Europeo. L’effetto primario di tale attività è stato il drastico ridursi di specie autoctone e alloctone nei siti visitati da questi pescatori Ungheresi, in quanto non rispettando i normali cicli piscatori ed effettuando una pesca indiscriminata, distruggerebbero la fauna locale.

L’effetto secondario è che tale attività purtroppo non controllata, risulterebbe molto remunerativa tanto da vedere aumentare ogni mese il numero di "squadre" dotate di mezzi e sistemi sempre più costosi (autovetture, barche attrezzate, reti, etc.); il tutto giustificato dal corposo giro d’affari che ne deriva,(basti pensare che in Ungheria le carni di siluro sfilettate vengono vendute a circa 15 euro al kg. La pesca amatoriale può avere delle ripercussioni molto importanti, e possono essere diverse: il nuovo tipo di pesca ha costretto tutte le case costruttrici di materiale, a gettare sul mercato sempre più attrezzi e materiale adatto, aumentato gli introiti e aprendo praticamente un nuovo settore economico; le riviste specializzate, hanno cominciato ad occuparsi sempre più assiduamente del settore siluri, promovendo iniziative, girando video, ecc.; il settore turistico alberghiero ha avuto un grande impulso dalla nascita di numerosi campi di pesca, agriturismi, che venendo incontro alle esigenze della clientela affittano barche e materiale, e mettono a disposizione guide esperte, proprio com’è successo sul rio Ebro in Spagna; (vedi capitolo III).

anche se la maggior parte di queste infrastrutture dislocate lungo il corso del fiume Po sono gestite da stranieri soprattutto tedeschi austriaci ed olandesi, come sono pure stranieri la maggioranza dei turisti che usufruisce di queste strutture; da qui la domanda: perché non utilizzare noi, Italiani in primis, questa risorsa, visto che le prospettive di guadagno sono assicurate dai numerosi turisti europei e a volte anche extra-europei che ogni anno si riversano sulle rive del nostro maggior fiume. Non esistono cifre precise sull’impatto del siluro su queste differenti attività professionali, comunque tutte le persone coinvolte, segnalano che la presenza del siluro nelle acque pubbliche è un punto in positivo a livello commerciale. Ad esempio in Spagna, dove il turismo della pesca si è sviluppato moltissimo, questo pesce, che è il più grosso dei nostri fiumi, suscita delle reazioni appassionate da parte dei pescatori. Questo punto ci spiega come il rientro economico e turistico causato da questa smisurata passione da parte dei pescatori amatoriali, faciliti la nascita e la messa in opera di nuove attività commerciali inerenti al settore, è evidente che il siluro rappresenta per le nostre acque un’innegabile attrazione turistica! (Cortay 1997).

In Francia, sembra che l’azione di promozione delle Associazioni di acquacoltura stia ottenendo risultati in costante crescita, conquistando anche il sofisticato palato francese. È evidente che alle spalle di questa operazione c’è una sinergia di forze che include anche le Autorità locali e centrali, la stampa e sovente Istituti di Ricerca e Università. Non è da sottovalutare neppure la serietà e la professionalità degli allevatori stessi che tendono ad offrire un prodotto "al di sopra di ogni aspettativa". A conferma di tutto ciò esiste un documento di certificazione della carne di siluro pubblicato sul sito del "Ministère de l’Économie, des Finances et de l’Industrie". Alla luce di queste realtà, soprattutto francesi, la nostra situazione appare decisamente in ritardo, e ciò è dovuto anche al fatto che in Italia l’atteggiamento dei consumatori, particolarmente nel settore alimentare, è decisamente "conservatore".

4.2.1 Problemi di gestione

Per il momento la gestione degli ambienti acquatici delle acque pubbliche non tiene conto del siluro. Hanno luogo solo delle immissioni non controllate, questo perché il siluro è classificato come specie alloctona sia nelle acque francesi, sia in quelle italiane. In questo capitolo, delle idee permetteranno di evidenziare una gestione specifica per il siluro. Due grandi tipi di decisioni possono essere prese: quelle che vogliono proteggere questo pesce, e quelle che vogliono limitare la sua espansione (l’eliminazione totale è ormai impossibile). Il siluro come molti altri pesci, subisce una forte pressione piscatoria, nell’Europa dell’Est in alcune regioni è addirittura in regressione. In questi paesi molte misure possono essere prese per la sua protezione, proprio come per gli altri predatori autoctoni:

· Taglia minima di cattura
· Numero di prede massime
· Limitazione dei periodi di pesca
· Riserve di pesca, soprattutto durante la frega

La taglia minima di cattura è un problema difficile da risolvere, perché per una gestione razionale delle risorse non bisognerebbe far prelevare dei soggetti non ancora riproduttivi. Però per contro, i migliori pesci per la consumazione, sono quelli più piccoli, questa risulta una chiara contraddizione. Utilizzare un "range" di catture sembra dunque il migliore compromesso, ed il più ragionevole sarebbe una taglia compresa tra 0,5 e 1 metro, che permetterebbe di proteggere il pesce con meno di due estati e di non provocare dei prelevamenti eccessivi tra gli adulti riproduttori. Il numero di prede massimo sembra essere una misura facile da mettere in opera e limiterebbe gli eccessi, questo numero può essere scelto in funzione dell’effettivo numero delle popolazioni presenti nelle acque in quel momento in questione. La protezione della frega, in zone di riserva e con periodi di vietato prelevamento, è molto importante, perché i siluri sono vulnerabili durante questo periodo. Le immissioni di ripopolamento devono essere fatte con misura, come consigliato dal Consiglio Superiore della Pesca francese, con eventualmente dei pesci "triploidi", ossia non fecondi ("Le point sur le silure", Barbier 1995). Le misure vigenti, rivolte a limitare l’espansione di questo pesce nelle nostre acque, non sono assolutamente basate su delle realtà scientifiche come abbiamo appena visto. Secondo B. Barbier 1995, è possibile non reimmettere i soggetti troppo grossi, quando si è di fronte ad una forte densità di popolazione. Attualmente la pesca senza restrizioni particolari sembra limitare la sovrappopolazione, ma allo stesso tempo se non controllata potrebbe portare ad una regressione delle popolazioni di siluri, creando una nuova situazione di squilibrio e con un possibile e conseguente danno ambientale ed economico.

Già da molto tempo, il siluro suscita delle reazioni violente, a causa della paura innata dell’uomo di essere attaccato da questo grosso pesce ("Is the giant catfish Silurus glanis a predator on man?", Gudger 1945).

Foto n. 25: L’autore con il proprio viso nella bocca di un siluro di oltre 100 kg e della lunghezza di 2,40 mt a sfatare le leggende circa l’aggressività di questa specie nei confronti dell’uomo.

Spesso, le paure erano basate sui possibili danni che il siluro poteva causare sulla fauna acquatica autoctona, ma come abbiamo visto queste affermazioni non sono scientificamente fondate. Queste paure sono probabilmente dovute al regime alimentare del siluro, che può essere molto variabile, ma soprattutto è a causa della sua taglia e della sua morfologia, che incute un certo timore.

 

4.3 Una nuova forma di turismo: " Il Pescaturismo"

 

Pescaturismo: una grande opportunità da valorizzare!

Uscire in barca con i pescatori, condividere per un giorno i loro ritmi e il loro lavoro, scoprire gli angoli più belli del Parco del Delta, a diretto contatto con una natura e con un ambiente particolare, unico e suggestivo.
E’ il "pescaturismo", una nuova forma di esercizio dell’attività turistica, innovativa ed inedita, anche a livello nazionale, che prevede da parte di un singolo pescatore o di gruppi di pescatori l’imbarco di persone diverse dall’equipaggio a scopo turistico ricreativo.
Il pescatore è una figura professionale molto importante per l’intero ecosistema del Delta del Po in quanto nell’esercizio del suo lavoro finisce per essere anche un guardiano ed una sentinella per tutto ciò che accade nel territorio: modificazioni nelle presenze animali ed umane, livelli delle acque, trasformazioni antropiche, ecc…A garanzia di tutela e salvaguardia del territorio deltizio sono pertanto fondamentali il mantenimento ed il rafforzamento delle attività economiche e quindi della presenza dell’uomo. Il pescaturismo, opportunamente sostenuto con incentivi pubblici ed opportunamente organizzato e promosso sul territorio con il coinvolgimento di tutti gli operatori turistici, può rappresentare un’attività integrativa che ben può inserirsi in questa logica di salvaguardia e di mantenimento dell’ecosistema.

Le peculiarità e le unicità dell’ambiente, già per altro citate in altro capitolo, consentono di affermare che qui il turista può trovare, come ha dimostrato l’esperienza dell’agriturismo, un contatto diretto con l’ambiente e la natura.

Le attuali strutture si rivolgono ad un turismo di diporto che propone la ‘uscita in barca’ anche di una o più giornate lungo il corso del Po e/o nel Delta, senza permettere al turista la pesca e poi il soggiorno e la consumazione del pesce pescato con ricette tipiche, senza offrire al turista momenti di relax tra i canneti e le valli del Delta.

Non esiste oggi il servizio per i turisti offerto dal pescatore, ma un servizio offerto da un imprenditore del settore turistico.

E’ augurabile, dunque, un’attività di pescaturismo che coinvolga i pescatori locali e le loro famiglie per dare risposta ad una crescente domanda di turisti che vogliono pescare in aree naturalistiche e condividere per qualche giorno la vita del pescatore, dell’uomo di fiume, conoscere la flora e la fauna, cucinare e gustare il pesce con ricette tipiche. Un’attività oggi possibile grazie al Decreto Legge del 1999 che ne regolamenta e disciplina lo svolgimento in acque interne e costiere; il flusso turistico regionale, le numerose richieste che pervengono agli Uffici turistici del Delta, le richieste stesse che giungono ai pescatori costituiscono la premessa per l’avvio di questo tipo di offerta.

Alcune cooperative di pescatori si sono già organizzate per fornire un servizio di pescaturismo, proponendo uscite in barca secondo le disponibilità di tempo libero e di imbarcazioni omologate in possesso dei loro pescatori soci. Un esempio in tale direzione è dato dall’assessorato alle Attività Produttive della Provincia di Rovigo che si sta fortemente impegnando per la valorizzazione di questa particolare offerta turistica, che per decollare necessita del coinvolgimento di tutte le realtà del territorio e di investimenti mirati, soprattutto per l’omologazione delle imbarcazioni e per la creazione delle necessarie opere infrastrutturali.

L’Assessorato alle Attività Produttive ha promosso la realizzazione di uno studio ("Studio finalizzato alla progettazione e alla promozione dell’attività di Pescaturismo nel delta del Po") che analizza in maniera approfondita e dettagliata tutti gli aspetti legati alle prospettive di sviluppo del pescaturismo nel Delta. Una ricerca che rappresenta il presupposto delle azioni e degli interventi pubblici in questo settore, un punto di partenza per la promozione di un’attività che potrà rappresentare una grande opportunità di crescita per il tessuto produttivo deltizio. Secondo quanto prevede il DPR 293 del 13/04/99 solo le seguenti attività possono rientrare fra quelle pescaturistiche e precisamente:
- lo svolgimento dell’attività di pesca sportiva che utilizza i sistemi di pesca previsti e prescritti nella licenza medesima;

I sistemi di pesca a traino non sono previsti e anzi il pescatore dotato di attrezzatura e di licenza per tale tipo di pesca per svolgere il pescaturismo deve rinunciare a tale pesca.

- lo svolgimento di attività turistico- ricreative, ai fini della divulgazione della cultura del fiume e della pesca, come escursioni lungo le sponde o l’osservazione di pesca professionale, la ristorazione a bordo o a terra;
- lo svolgimento di attività finalizzate a valorizzare l’ambiente fluviale e previo autorizzazione della Regione di competenza delle acque interne.

Il flusso turistico regionale,secondo i dati statistici del triennio 1996-1998 (vedasi tabella di seguito riportata), le numerose richieste che pervengono agli Uffici turistici del Delta, le richieste stesse che giungono ai pescatori, costituiscono la premessa per l’avvio di una attività pescaturistica.

Tabella 15

STATISTICHE MOVIMENTO TURISTICO – PERIODO GEN/DIC – ANNI 1996/97/98

ANNO 1996

ANNO 1997

ANNO 1998

% 1998 su 1996

% 1998 su 1997

PRESENZE

PRESENZE

PRESENZE

PRESENZE

PRESENZE

totale alberghiero

7.073.972

6.663.195

6.915.117

-2,25%

3,78%

villaggi turistici e campeggi

9.273.362

9.340.342

9.517.347

2,63%

1,90%

alloggi privati

7.410.831

7.032.348

6.969.870

-5,95%

-0,89%

altri esercizi

508.526

548.297

550.999

8,35%

0,49%

Totale extralberghiero

17.192.719

16.920.987

17.038.216

-0,90%

0,69%

totale generale

24.266.691

23.584.182

23.953.333

-1,29%

1,57%

Tab. 15: Flusso turistico nel triennio 1996-1998


Dalla tabella si comprende come vi sia stato nell’ultimo periodo un aumento delle presenze nei "villaggi turistici e campeggi", in "altri esercizi" e nell’"extralberghiero", una presenza di quanti chiedono vita all’aperto, contatto con la natura, in linea, dunque, con l’offerta pescaturistica.

Altri dati che servono a definire la potenziale domanda di pescaturismo sono quelli relativi alle presenze turistiche della provincia.

Mettendo insieme i dati delle due fonti si comprende come il turista nel Delta è, non solo presente, ma anche interessato a nuove forme di ospitalità: agriturismo, Bed & Brekfast, ostelli, campeggi, itinerari naturalistici; è ipotizzabile quindi un trend positivo anche per gli anni futuri con afflussi turistici in grado di giustificare investimenti nella direzione di un potenziamento ed una diversificazione delle strutture ricettive e di una diversificazione dell’offerta turistica come quella pescaturistica.

Già oggi, molte agenzie di viaggio, propongono ed offrono al turista escursioni in barca nel Delta e non riescono a soddisfare la domanda, una domanda che è molto più articolata e che si allarga alla pesca e al soggiorno.

- L’offerta pescaturistica:

Allo scopo di far giungere l’offerta di pesca-turismo al maggior numero di persone in Italia e all’Estero e quindi renderla economicamente interessante e rilevante è indispensabile organizzarla e promuoverla con tutti i mezzi pubblicitari locali e non, tradizionali e innovativi. Saranno necessari:

La creazione di uno sportello informativo unico in collaborazione con l’APT, le Pro Loco e le altre strutture turistiche presenti nel territorio;

Progettazione di un portale per la gestione delle teleprenotazioni;

Realizzazione di depliant informativi ed illustrativi;

Installazione di cartelloni pubblicitari in posti strategici.

L’attivazione di alcuni corsi di formazione rivolti sia agli utenti finali (pescatori) che agli operatori turistici (gestori del punto informativo e delle Pro Loco);

Lo sportello informativo mirerà a creare i contatti necessari al funzionamento delle offerte attraverso la messa in rete dei servizi e delle strutture già esistenti sul territorio (APT, Pro Loco, Albergatori e Ristoratori...) e dovrà essere il referente organizzativo ed informativo unico se si vuole una corretta gestione e un’efficiente organizzazione dell’offerta stessa.

Per meglio pubblicizzare l’offerta di pescaturismo potrà essere attivato un portale per la teleprenotazione. Si potranno così utilizzare proficuamente servizi di tele-prenotazione e pagine Web di strutture come la CARD del Delta del Po e il Circuito B&B italia.
Dovranno essere elaborati e distribuiti, anche per via telematica, depliant illustrativi e informativi in più lingue. Predisposta e installata dovrà essere un’idonea cartellonistica che agevoli le escursioni e le uscite del turista. L’attivazione, poi, di corsi di formazione e di occasioni di aggiornamento garantirà una crescita professionale di tutti gli operatori turistici coinvolti in modo da tenere alto il livello del servizio.

4.4 Cenni sulla realtà Abruzzese

- Introduzione

La diffusione del Silurus Glanis nei bacini idrografici Italiani sembrerebbe in espansione, contrariamente alle misure di contenimento del fenomeno, che ne prevedono l’uccisione e vietano le nuove immissioni, vengono segnalate ormai, catture in molti luoghi della penisola, in fiumi e laghi lontani dal bacino del Po.

L’Arno, il Tevere, testimoniano come, seppur gradatamente, il Siluro d’Europa sta colonizzando da nord a sud il territorio nazionale.

In Abruzzo è stata testimoniata la sua presenza: nel lago Scandarello del comune di Amatrice, in provincia dell’Aquila, vive una comunità stabile di Siluri, i quali risulterebbero essere la colonia che vive alla quota maggiore in Italia, altre catture sono state segnalate nel lago di Penne, durante i lavori di svuotamento del bacino idroelettrico.

Foto n. 27: l’Autore nelle acque del lago Scandarello,(AQ) ritratto nelle fasi antecedenti a un’immersione oggetto di studio e osservazione del Silurus Glanis nelle acque abruzzesi.

Alla luce di quanto precedentemente escusso sul Siluro (biologia, morfologia, habitat, etc.), i fiumi Abruzzesi, nei loro tratti finali, si presterebbero bene ad una colonizzazione, (forse già in atto) presentando condizioni ottimali che ne favorirebbero l’acclimatamento, mancando in Abruzzo la figura del pescatore professionale nelle acque dolci, il Siluro non avrebbe competitori che ne ostacolino la diffusione.

- Analisi del fenomeno in Abruzzo:

Essendo evidente l’assenza di contatti tra le aree canoniche di diffusione primaria, gli esemplari rinvenuti in Abruzzo sono stati introdotti volontariamente dall’uomo.

La teoria più accreditata è relativa alla loro introduzione nei laghi di pesca sportiva come attrattiva per i pesca-sportivi, da parte degli stessi gestori e successivamente, dispersi nelle acque locali;

Questo avveniva prima dell’entrata in vigore della normativa che ne vietava la diffusione, e prima che si evidenziasse la potenziale pericolosità che scaturisce dall’immissione di una specie predatrice alloctona.. E’ noto a tutti come l’introduzione di una nuova specie in un contesto ecologico crei delle alterazioni, così com’è avvenuto nel fiume Po negli anni ‘70 a seguito dell’introduzione del silurus glanis (ad opera dell’uomo); le preoccupazioni risiedono nel fatto che pesci come lo storione dalle pregiate carni non si pescano più come una volta ed è stato gridato l’allarme per tutte le altre specie autoctone che potrebbero essere a rischio di estinzione a causa della presenza di una specie alloctona. (VEDI CAPITOLO II " specie autoctona e alloctona"); ma ci sono sistemi acquatici come nella regione Abruzzo dove la presenza del siluro non è mai stata registrata (fiume Pescara, fiume Saline) che hanno visto scomparire numerose specie ittiche soprattutto predatori autoctoni (luccio, trota, persico reale), a causa del depauperamento della qualità delle acque dovute ai numerosi scarichi del sistema industriale locale. Molte volte il pesce siluro viene usato come caproespiatorio di problemi ben più gravi che il fiume è obbligato a subire (sempre ad opera dell’uomo). Dico questo perché nei paesi d’origine non fortemente industrializzati e urbanizzati il Pesce siluro convive tranquillamente con le altre specie nel giusto equilibrio.

Tenendo conto dei tempi che sono stati necessari alla colonizzazione del Po, non è possibile escludere che in un tempo futuro, il fenomeno Siluro possa coinvolgere anche l’Abruzzo. Immaginando concreta questa realtà, ed inevitabile, quali sarebbero gli effetti sull’ecosistema acquatico regionale?

Di certo non la distruzione totale come alcune frange allarmiste vogliono fare intendere, ma la formazione di un nuovo equilibrio: è verosimile che alcune specie possano entrare in competizione fino ad arrivare all’estinzione, ma l’insediamento di un nuovo predatore nelle acque di valle Abruzzesi coprirebbe le nicchie lasciate vuote da altri predatori, come il luccio, il persico reale e la trota, che da molto tempo sono assenti dai tratti finali dei fiumi abruzzesi, acque che da tempo sono prive di predatori autoctoni.(Vedi problema inquinamento Capitolo I).

- Aspetto economico

Se anche il Silurus Glanis fosse parte integrante di un contesto protetto? Se anche grazie alle sue peculiarità si educasse all’ambiente? Se lo si considerasse un’attrazione?

E’ stato dimostrato come nove Italiani su dieci almeno una volta nella vita hanno brandeggiato una canna da pesca (dato ISTAT social forum 2001) ed è evidente che una preda come il Siluro è sicuramente, in virtù della taglia che può raggiungere, una delle prede più ambite.

Qualora anche i fiumi del fondo valle Abruzzese si trovassero, loro malgrado, ad ospitare il Siluro d’Europa, questo binomio attrarrebbe sicuramente schiere di pescatori sportivi pronti a cimentarsi con il "gigante d’acqua dolce", creando un turismo stagionale che coincide con i periodi più idonei alla sua cattura.

Questa migrazione di sportivi, come d’altronde si è già verificato dove il Siluro è presente, sarebbe inevitabile, quindi perché non utilizzarla in modo sistematico ed organizzato?

Offrendo al visitatore un supporto logistico per lui e gli eventuali accompagnatori.

Si ha testimonianza di alcuni bacini idrici Spagnoli (Rio Ebro e Mequilenza) dove il Siluro successivamente è stato introdotto intenzionalmente, al fine di incrementare il turismo specifico della pesca sportiva, creando alloggi, negozi specializzati e attività accessorie (affitta barche, guide di pesca, etc.) che hanno lanciato nel panorama Europeo aree altrimenti sconosciute al turista.

Questo in Italia non è proponibile, specie dopo la promulgazione di una legge che ne vieta specificamente l’introduzione, ma, visto che i confini biologici non si lasciano imbrigliare da quelli giuridici, il Siluro si sta comunque diffondendo su territorio nazionale, quindi non sarebbe così improponibile anche in Abruzzo, copiare e migliorare il modello Spagnolo di gestione del fenomeno, nell’ipotesi dell’espansione delle colonie già presenti (Scandarello, Penne, Laghi di pesca sportiva) o di nuova colonizzazione nei sistemi fluviali Abruzzesi.

Qualche domanda !
Perché nel fiume Pescara lo storione e il Luccio non ci sono più da molti anni e la presenza del siluro non è stata ancora accertata? Perché nel fiume saline a montesilvano (PE) non ci sono più i Lucci, i barbi, le Trote che un tempo erano presenti in quantità massiccia? eppure della presenza del siluro in questo fiume nemmeno l’ombra. Perché la diga di penne nonostante la presenza di siluri è diventata oasi presentando una biodiversità eccezionale? l’inquinamento idrico è senza dubbio il problema principale del grande fiume e anche dei principali corsi d’acqua Abruzzesi, specie nei tratti finali. E’auspicabile un intervento cosciente delle problematiche ambientali da parte delle autorità locali.

In Abruzzo qualcosa si sta muovendo, in particolare la città di Pescara con la rivalutazione e la creazione del parco fluviale darà la possibilità di godere di spazi verdi e di un contesto ecologico che se ben gestito non ha nulla da invidiare alle già affermate realtà del nord, questo deve essere solo l’inizio di una serie di interventi di sviluppo sostenibile sempre più rispettoso dell’ambiente. Penso che sensibilizzare l’opinione pubblica ad un maggior rispetto dell’ambiente e di tutti i suoi elementi sia la strada giusta per un futuro migliore.

Conclusioni

Come abbiamo visto, la reintroduzione del Silurus glanis è un esempio di biogeografia, un ritorno grazie all’uomo nelle regioni dove era sparito da più di 10.000 anni, un fattore importante nella riuscita della sua colonizzazione è che egli occupa prevalentemente una nicchia ecologica vuota, ossia non occupata da altri predatori. Possediamo ancora troppi pochi dati su questa specie, per questo conviene seguire costantemente la dinamica delle sue popolazioni. A livello economico, i ritorni finanziari sono certi, infatti, questo pesce se ben gestito può rappresentare una risorsa economica innegabile, con tutto il turismo che può generare. Il siluro non è attualmente preso in considerazione nel piano di gestione dell’ittiofauna delle acque Italiane, questa può essere la causa del diminuire continuo delle osservazioni eseguite in alcuni settori dove sembrerebbe ben insidiato (per esempio la Seilla e il Po). Sarebbe un peccato non riuscire a valorizzare le nostre risorse fluviali grazie a questo pesce. Questo studio riflette l’evoluzione e le contrarietà che le biocenosi acquatiche subiscono ai giorni nostri, questa evoluzione è in gran parte dovuta all’azione dell’uomo, con il degrado dell’ambiente e i suoi interventi di introduzione di nuove specie, la posta in gioco non è più solamente basata sulla produzione di nutrimento come in passato, ma ugualmente sul ruolo importante che possono giocare gli ambienti acquatici e più in generale i parchi fluviali a livello turistico ed economico!

L’impatto dell’uomo sulla natura è universalmente riconosciuto come allarmante, tale da minacciare fortemente, se non la nostra stessa sopravvivenza, almeno la qualità della nostra vita, è la prima volta, nella storia della vita sulla terra, che una singola specie (l’uomo) è in grado di influire così radicalmente sul destino di tutte le altre, animali e vegetali, sconvolgendo, distruggendo ecosistemi. Ma, occorre rilevare, la nostra è una specie straordinaria, nel bene e nel male; ebbene, sta proprio nello specifico umano la ragione della crisi ambientale, riconosciuta come la massima emergenza planetaria attuale.

Sono sempre cresciuto a contatto con la natura e con in mente un profondo rispetto verso essa e tutti gli elementi che la compongono, non riesco ad accettare una presa di posizione miope nei confronti di problemi ben più gravi (vedi capitolo I) ma dalla vista aguzza nel considerare il Siluro un mostro vivente da perseguitare con ogni mezzo; (atteggiamento riscontrato solo in Italia) mentre in altri paesi europei molto vicini a noi geograficamente ma molto lontani come pensiero, il siluro è visto come un bene da salvaguardare, fonte di turismo e quindi di reddito. Credo che l’impegno per la giusta causa che sia la natura a vincere e non un pesce ad essere distrutto debba essere prerogativa di tutti, affinché i nostri fiumi possono tornare ad essere luoghi di relax e divertimento e non fogne a cielo aperto preda di sbandati, solo così i nostri figli sulle rive del fiume potranno godere alla vista di un volo di Aironi alle luci del tramonto, come facevano i nostri nonni!

 

IL PROGRESSO DI UNA NAZIONE SI VEDE DAL MODO IN CUI SI TRATTANO GLI ANIMALI !

M. GANDHI

 
Bibliografia

- ANONIMO, 1996 - Linee guida per la prevenzione del rischio sanitario legato alle immissioni di fauna selvatica sul territorio nazionale

- DELMASTRO G.B., 1986 - Problemi relativi all’introduzione di specie esotiche di pesci nelle acque dolci italiane. Quad. E.T.P., Udine,

- GANDOLFI G., ZERUNIAN S., TORRICELLI P. & MARCONATO A., 1991 - I Pesci delle acque interne italiane

Ministero dell’Ambiente, Unione Zoologica Italiana. Ist.Poligr.e Zecca dello Stato

- Ecologia dei fiumi e dei laghi. Regione Piemonte.

- Elementi sul degrado delle acque varie. Fascicolo Prov. Torino.

- Una speranza per i fiumi. Atti Convegno Regione Piemonte/Parco.

- Depurazione delle acque reflue nella Regione Piemonte Settore pianificazione e gestione risorse idriche. Regione Piemonte, 1991.
- I fiumi italiani e le calamità artificiali: Le distruzioni degli ambienti naturali fluviali, operate dagli interventi umani pubblici e privati, aggravano anche le piene e le magre.* Regione Piemonte - Riserva Naturale Garzaia di Valenza, 1988.

- FORNERIS, Gilberto. Piemonte Ambienti acquatici e ittiofauna. Regione Piemonte, 1989.

- Gandolfi G., Giannini M. (1979): La presenza di Silurus glanis nel fiume Po. Natura, Soc. Ital. Sci. nat., Museo Civico Storia Naturale e Acquario Civico Milano,.

- Muus S.J., Dahlstrom P. (1970): Guida dei pesci d’acqua dolce. Edagricole, Bologna.

  - Regione Emilia Romagna (1988): Specie ittiche esotiche in Emilia Romagna, Bologna

  - Rossi R., Trisolini R., Rizzo M.G., Dezfuli B., Franzoi P. (1991): Biologia ed ecologia di un aspecie alloctona, il Siluro (Silurus glanis L.) (Osteichthyes, Siluridae), nella parte terminale del fiume Po. Atti Soc. Ital. Sci. Nat. Museo Civ. Storia Nat.

- Geografia del turism. Jean-Pierre Lozato-Giotart.FrancoAngeli editore.

- Strumenti di valutazione dell’ecoefficienza.L. Petti – F.M.Garibaldi.Libreria dell’università editrice Pescara 2002.

- Basi di ecologia Ed. Piccin 1988

- Osservatorio Internazionale sul Turismo Enogastronomico 2004, Franco Angeli editore.

- Associazione delle Regioni vinicole europee (turismo eno-gastronomico).

* Con i contributi del Ministero delle Politiche Agricole e Forestali
Direzione Generale Pesca e Acquacoltura

Il coordinamento scientifico è della Cooperativa Cypraea pag. 18

 

Siti web consultati:

www.lagranpesca.com 

www.multimania.com 

www.pescare.com 

www.predator-fishing.co.uk 

www.silure.com 

www.siluromania.it 

www.grupposiluro.it 

www.parcodeltapo.it 

www.pescapolesine.it 

www.fao.org 

www.parks.it 

www.agriturismomantova.it 

www.biol.unipr.it 

www.pesca-turismo.it 

www.fiumepo.com 

www.acqueinterne.it 

www.geocities.com 

www.ilfiumepo.net 

www.miw.it 

www.minambiente.it 

www.regione.emilia-romagna.it 

www.acqueinterne.it 

www.arpa.emr.it 

www.apat.gov.it 

www.ildeltadelpo.it 

www.parcodelpocn.it 

www.regione.piemonte.it 

www.provincia.mantova.it 

www.legambienteturismo.it 

www.wwf.it 

www.legambiente.com 

www.greenpeace.it 

www.gaggioso.it 

www.hobbypesca.com 

www.aziende-online.com 

www.arpa.veneto.it 

www.solidea.org 

www.cts.it 

www.ittiofauna.org 

www.pescareonline.it 

www.biologicateorica.it 

www.parcoticino.it 

www.afae.it 

www.pescareonline.it 

www.fishobelix.com 

www.pescaturismo.org 

www.archibio.com 

www.aiab.it 

www.montevelino.it/ambi.docu.ecoturismo .

www.unimondo.org/aitr/index.html 

www.cedellaltro.clarence.com 

Ringraziamenti:

Ringrazio i miei genitori per avermi permesso di studiare e di portar a termine il percorso di questa magnifica facoltà.

Ringrazio Giancarlo, il proprietario dell’agriturismo "Corte Motta"in provincia di Mantova per aver ospitato me e mio fratello durante i numerosi periodi di studio oggetto del presente lavoro e per avermi messo in contatto con uno dei fishing-camp presenti sul fiume Po in provincia di Mantova, dove mi è stato messo a disposizione tutto ciò di cui avevo bisogno in quei giorni per effettuare le mie ricerche: dalle vivande, alla barca per spostarmi sul fiume, dalle attrezzature per tentare la cattura del siluro, alla loro esperienza.

Ringrazio Yuri Grisendi, uno dei maggiori esponenti a livello internazionale della pesca al Siluro, per avermi dato delle dritte su come poter catturare il Siluro, cosa che sono riuscito a fare dopo tre anni di tentativi nel giugno del 2004, con un esemplare di oltre 100 kg e 2,40 mt di lunghezza.

Il ringraziamento più grande va senza dubbio a mio fratello Gianluca che mi ha affiancato durante tutti i momenti di studio sul campo del presente lavoro, sia sopra che sotto la superficie dell’acqua con qualsiasi condizione atmosferica; cosa che da solo non avrei potuto fare, soprattutto immergermi in ambienti non proprio ospitali (Fiume Po, lago Scandarello) per effettuare le mie osservazioni; i ringraziamenti a lui sono il minimo per dirgli che probabilmente senza il suo aiuto non sarei mai riuscito a ultimare questo lavoro!

Dottor Giuseppe Simone Milillo