Piacenza Sera.it

22/09/2009 No al rilascio dei siluri in Po, il giudice da' ragione alla Provincia di Piacenza

Yuri Grisendi 103 kg 242 cm Agosto 2003

Si è  conclusa recentemente, con la sentenza della corte di cassazione a favore dell'Amministrazione provinciale (difesa dagli avvocati Francesco Burigana e Flavio Antelmi), la vicenda giudiziaria che ha opposto l'Ente di corso Garibaldi al rappresentante del “gruppo siluro Italia”, Yuri Grisendi, sul caso “siluro”. Una vicenda che ha avuto inizio nel 2003, quando Grisendi liberò nelle acque del Po un siluro di circa 100 chili, da lui appena pescato, e venne per questo sanzionato dalla Polizia Provinciale. Motivo: la legge sulla pesca vieta, rigorosamente, il rilascio nei nostri fiumi di specie ittiche che, come il siluro, non sono originarie delle nostre acque (le cosiddette specie alloctone). Grisendi fece ricorso, appellandosi a tutti i possibili livelli di giudizio, ma i giudici gli hanno sempre dato torto: sia nel giudizio di primo grado (in quella circostanza le ragioni della Provincia vennero difese dall’avvocato Giulio Massara), sia in Appello, sia, qualche giorno fa, in Cassazione. Una sentenza, in certo modo, obbligata: non c'era molta possibilità di scelta.  La legge è infatti chiara, e non dà spazio ad interpretazioni di altro genere: vieta, assolutamente, l'introduzione di pesci non originari delle nostre acque nei nostri fiumi. Ospiti, come i siluri, che si pongono in competizione con le nostre specie autoctone portandole alle soglie dell'estinzione. E non c’è solo l siluro: ci sono l’Aspio, il Barbo d’oltralpe, la Pseudorasbora , il Rodeo amaro, l’Acerina,  l’Abramide, il Cobite di stagno, il Gambero rosso della Luisiana, addirittura i pirana. Tanti nuovi inquilini, emigrati da noi non spontaneamente ma perché ci sono stati portati da qualcuno. “Con la sentenza della Cassazione – rileva l’assessore provinciale alla Cacia e Pesca Filippo Pozzi - si conclude una vicenda che è andata avanti per anni. La sentenza ci dà ragione, ci conforta nel nostro impegno ad impedire il rilascio di specie alloctone nei nostri fiumi. Che è deleterio per i nosri pesci, come è scientificamente provato. Mi auguro che l’esito di questa vicenda serva da deterrente ad altri che volessero ripetere gesti di questo genere, contrari alla legge”. 

La sparizione delle specie autoctone ha sicuramente tanti motivi: inquinamento, sbarramenti, sparizione di lanche, canalizzazioni dei corsi d’acqua ecc.. Ma le specie alloctone sono, per i nostri pesci, una minaccia tremenda: pesci tipici delle nostre zone come la Tinca , il Luccio, lo Storione, l’Anguilla (che viene usata come esca per la pesca del Siluro) e persino specie molto comuni fino a pochi anni fa, come Cavedani e Alborelle, sono in drastica diminuzione, proprio a causa degli alloctoni.

L’associazione Catfishing e il gruppo Siluro dicono che la norma che vieta la reimmissione delle specie alloctone è obsoleta e auspicano che si obliteri la distinzione fra specie autoctone e alloctone, per poter immettere nelle nostre acque siluri e altre specie non nostrane.

Ma la norma della legge regionale che regola la materia è tutt’altro che superata, ed è opinione comune fra gli ittiologi che le specie alloctone siano tra le principali cause della sparizione dei pesci nostrani. Questa convinzione è condivisa dalle principali associazioni di pescatori (FIPSAS, ARCI PESCA, ENAL PESCA; UNPEM), che fra l’altro collaborano con l’Amministrazione Provinciale, attraverso apposita convenzione, mettendo a disposizione un centinaio di guardie ittiche volontarie.

La Vigilanza ittica della Polizia provinciale e volontaria ha elevato dall’inizio dell’anno al 6 agosto 127 verbali di infrazione alle norme sulla pesca, per la maggior parte proprio sul Po. Tra le sanzioni più frequenti la pesca senza licenza (31), il mancato versamento regionale (27), uso di attrezzi in numero superiore al consentito (17). Ci sono poi  sanzioni per pesca in zone di divieto, uso di attrezzi non consentiti, detenzione di pasture vietate, abbandono di rifiuti. Segnalati anche alcuni sversamenti di liquami, a dimostrazione che la vigilanza non manca, è ben presente!

Relativamente ai fantomatici predoni che pescano di tutto: “Catfishing” e il “gruppo Siluro”, invece di segnalare fatti generici alla stampa, dovrebbero dotarsi, come fanno le maggiori associazioni di pesca, di proprie guardie volontarie, visto che la legge lo consente, per sanzionare direttamente queste persone. 

Da oggi c’è una ragione in più per rispettare la legge, ed è che i pescatori che non volessero uccidere i pesci alloctoni hanno la possibilità di portarli in un lago per lo stoccaggio.

Il lago, denominato Mandella, è situato fra Muradolo e Ponte Riglio; i pescatori possono depositare i pesci in una vasca di raccolta situata vicino all’ingresso. Verranno liberati nel lago da operatori dell’Arci pesca che hanno in gestione il bacino, di proprietà del Consorzio Bacini Piacentini di Levante. La Provincia , con questo bacino di stoccaggio, ottempera alle disposizioni   della delibera di giunta regionale che prevede la possibilità sia di stoccaggio che di eventuale commercializzazione di questi pesci. 

23/09/2009 "Io sto con i siluri e con Yuri Grisendi": la protesta dei pescatori OLTRE 30 FOTO
     

23/09/2009 Sale la protesta dei pescatori piacentini. Nei giorni scorsi è stata pubblicata la sentenza della corte di cassazione in merito alla vicenda giudiziaria che ha opposto l'Ente di corso Garibaldi al rappresentante del “gruppo siluro Italia”, Yuri Grisendi, sul caso “siluro”. Sentenza che ha dato ragione all'amministrazione provinciale. Il tutto è iniziato nel 2003, quando Grisendi liberò nelle acque del Po un siluro di circa 100 chili, da lui appena pescato, e venne per questo sanzionato dalla Polizia Provinciale. Motivo: la legge sulla pesca vieta, rigorosamente, il rilascio nei nostri fiumi di specie ittiche che, come il siluro, non sono originarie delle nostre acque (le cosiddette specie alloctone).

Alcuni pescatori piacentini non sono d'accordo con quanto stabilito dalla Cassazione, e da stamattina stanno inviando fotografie di protesta che li ritraggono insieme a pesci "immigrati" come il siluro e il barbo.